GEDDO: un bel disco ricco di “Fratelli”
Belle sensazioni di canzoni pulite e sincere. Su questo nuovo disco di Davide Geddo non penso si possano usare parole diverse, non penso valga lo sforzo cercarne altre che edulcorino un concetto così importante come quello della sincerità. “Fratelli” non è certo un disco di rottura, di rivoluzione, un disco che ha investito sulle apparenze di melodie utili al main stream. Non è un disco main stream. “Fratelli” è un disco di cantautorato figlio del suo tempo, di antiche radici, di un modo di fare che non cerca le vetrine digitali quanto più un riscontro di pelle, umano, inevitabilmente reale.
Nuovo disco per Geddo. Ma se ti dicessi: “vecchio” disco di Geddo? Come a dire: sembrano canzoni che hanno sempre avuto vita nelle tue corde… questo disco è solo la scusa buona per venire allo scoperto…
Le dinamiche tra vecchio e nuovo sono per me le meno interessanti. Non passo la vita a cercare di creare qualcosa di nuovo tanto per farlo. Mi piace creare qualcosa che sia per me significativo nel tentativo di connettere e connettermi con le persone che ascoltano. Lavoro in un’ottica di scambio e non cerco discepoli a cui mostrare nuove strade. Ammiro chi sperimenta a prescindere ma non è il mio obiettivo, mi interessa al limite distinguermi. In questo senso mi pare di farlo nell’eterogeneità della mia proposta. Perdo in riconoscibilità ma imparo a 360 gradi.
Spesso ho letto di te aggettivi come istintivo. Forse perché riferiti a questo modo di cantare. Oppure pensi ci sia altro? Forse per la diretta manifestazione di umanità che hanno queste canzoni?
Dal punto di vista della scrittura il mio tentativo è quello di realizzare brani con differenti chiavi di lettura. Volutamente non voglio tralasciare l’importanza di un approccio diretto e schietto con l’ascoltatore ma tendo sempre a realizzare testi con sottosignificati da scoprire per rendere i brani meno permeabili al tempo e favorire il riascolto. Conseguentemente l’istintività della mia scrittura è ovviamente la prima impressione ma ritengo ci sia di più. Sono un appassionato di umanità. Mi affascina l’uomo, i suoi slanci e i suoi tormenti e la varietà delle relazioni e delle interazioni che riesce a tirare fuori nel quotidiano e nella propria storia. Credo che un cantautore oggi debba cantare soprattutto l’incertezza di questa evoluzione in un mondo smaterializzato e iperconnesso. Credo sia una missione interessante che merita un impegno adeguato.
Parliamo di intonazione. Tasto dolente… perché in più momenti del disco la tua voce non sembra essere proprio intonata. Posso chiederti perché?
Per vari motivi le registrazioni del disco si sono protratte oltre misura. Ho lavorato per la prima volta in una cornice più confortevole e domestica come l’Actone Recording Studio di Albenga che è diretto da Matteo Ferrando con cui collaboro da molti anni. È stato un esperimento per entrambi e davvero credevo che avere più tempo per realizzare i miei obiettivi avrebbe prodotto qualcosa di più curato. Invece più passava il tempo più i pezzi diventavano ruvidi e spigolosi. All’inizio non ero contento ma poi mi sono reso conto che questo disco era migliore senza leccate e con una voce un po’ sporca, adatta alla musica on the road che intende celebrare e pertanto ho deciso di non correggere troppo. Sono convinto che alcune scelte paghino nel riascolto.
Tantissimi si sono promulgati dentro la realizzazione di iniziative sul web. Tu cosa ne pensi? Hai fatto anche tu qualcosa in questa direzione?
Non è il mio pane, ma durante il lockdown ho fatto alcune esibizioni in diretta Instagram. Non può essere considerato sostitutivo ma penso che sia stato un buon modo di tenersi in contatto con i fan e devo dire che, anche se inizialmente ero scettico, alla fine è stato piacevole e divertente. Piacevolezza e divertimento dovrebbero essere le caratteristiche di questo tipo di collateralità. Può essere sviluppato in modo migliore, permettendo a chi guarda di fare qualche piccolissima offerta per quanto vede, in modo facile e veloce, anche pochi centesimi, concorrendo così a dare un segno di riconoscimento ed attenzione ad un settore che la pandemia ha devastato.