Ministri – Per un passato migliore .. di buono c’è solo quello
Mai titolo è stato più azzeccato per questa giovane e promettente band italiana (che più tanto giovane e promettente non lo è più) che per ora, di migliore, ha solo il passato. Questa affermazione però non va letta in senso negativo, anzi in questi anni i Ministri hanno conquistato una grande popolarità in tutto il bel paese , popolarità sfociata nell’apertura di Foo Fighters, Coldplay e tanti festival da migliaia di persone, che hanno portato i 3 ( 3 + 1 in realtà) ragazzi lombardi in ogni angolo della penisola.
Eccoci dunque al nuovo album ” Per un passato migliore”. Non voglio fare una recensione track by track ma piuttosto darvi quelle che sono le impressioni di uno che di Ministri se ne intende (li seguo dal 2006, i tempi in cui le canzoni de ” i soldi sono finiti” non erano ancora state registrate come si deve). Beh nell’ascoltare questo album non posso che provare una profonda delusione (delusione che era stata in parte, ma soltanto in piccolissima parte, anticipata dalle sperimentazioni elettroniche di “Fuori”). Già perchè da una band che tira fuori tre bombe atomiche ( I soldi sono finiti, La piazza e Tempi bui) ti aspetti il salto di qualità, parallelamente al salto di popolarità. In realtà c’è stata progressivamente una forte inversione di marcia culminata con quest’ultimo album.
“Per un passato migliore” è un album suonato e prodotto da Dio , niente a che vedere con i precedenti. Basti pensare che vede la produzione artistica di Tommaso Colliva (Muse, Afterhours, Marta sui Tubi e Calibro 35, solo per citarne alcuni) e la produzione esecutiva della Universal… non serve aggiungere altro per chi ne sa qualcosa di marketing musicale. E’ un album che ha dei buoni pezzi, anche degli ottimi pezzi qui e là e degli arrangiamenti molto curati soprattutto per quanto riguarda l’effettistica. E’ un album però che nel suo insieme funziona veramente poco.
La caratteristica principale di una rock band che si rispetti a mio parere è quella di puntare ad un prodotto che funzioni straordinariamente in senso globale, e non sul singolo o sul pezzo buono quà e là (ci sono già tanti artisti mediocri che ci propinano questo modo di fare). Modo di fare particolarmente proprio del pop e di tanta musica di facile ascolto. Quest’ album ha l’enorme difetto di non avere nessun filo conduttore al suo interno, di essere privo di messaggi chiari e decisi (musicali e non), quelli a cui ci avevano abituato in tanti anni di gavetta i Ministri.
I testi del Dragogna si discostano profondamente dalle scelte nette degli anni precedenti e cercano di imitare un certo cantautorato proprio di mostri sacri senza però raggiungere assolutamente gli stessi risultati, ma risultando invece piuttosto generalisti e quasi fatti ” per piacere a tutti”. Le scelte musicali sono banali almeno tanto quanto i testi; puntano su arrangiamenti tipici dell’alternative rock europeo, quasi globale (le chitarre che usano ottave a profusione, suoni tendenti all’elettonico, distorsioni molto elaborate) che però funzionano molto poco e male con il cantato di Divi, ancora molto nostrano, e che andrebbe valorizzato (come è accaduto in “Tempi bui” e in parte anche in “Fuori”) proprio per questo suo aspetto con una ricerca più ragionata degli arrangiamenti.
L’album non presenta scelte particolarmente deprecabili, anzi in molti momenti assomiglia anche ad un buon lavoro proprio grazie ai pezzi che funzionano di più; tuttavia mostra un’evidente inversione di marcia di una band che la sua ricetta l’aveva già trovata e che invece è andata a snaturarsi per anticipare i tempi di un successo (che secondo me sarebbe arrivato comunque) fortemente voluto sia da chi ci mette i danari (produzione) e sia da chi quei pezzi li ha scritti. Chi conosce i Ministri si accorge di questa profonda casualità che permea “Un passato Migliore” già dal secondo o terzo brano, si accorge della mancanza di idee forti e decise , sostituite con scelte pacchiane che mirano ad inglobare più gente possibile. Ritornelli fatti esclusivamente per essere cantati e strofe fatte esclusivamente per lanciarli riempiono un disco che lascia i fan più sfegatati con l’amaro in bocca, che ci fa capire che in Italia a un certo punto o cominci a riempire i concerti di figa o non se ne fa niente.
Un giudizio un pò forte direte voi e avete ragione. Ma un giudizio di chi quei dischi che hanno preceduto l’ultimo se li è comprati di tasca sua ed originali, e si è pagato 7 concerti in 6 anni, quando ai concerti ci andavano 100 persone al massimo. Solo un fan, un pò arrabbiato, che spera in futuro migliore per questa band che per anni ha fatto rock dove proprio non si poteva fare.