Ginez e il bulbo della ventola: spunti e riflessioni sul tema
Ormai è un veterano della scena, non solo lui, il collettivo di musici esperti che corona la voce di Ginez… ma anche questo nuovo disco “Sambuca Sunrise”. Un appuntamento di inediti che porta in scena anche maestranze davvero speciali e come sempre fate lo sforzo, compratelo il disco (ora anche in versione fisica), andate e spulciate i nomi e i crediti. Torniamo a fare questo… maledetta musica digitale.
Tutto parla di un se che si mescola col tutto e a noi resta l’intricato nodo da sciogliere: siamo quello che siamo o siamo ciò che facciamo vedere? Come quando una serata alcolica ci consegna ad una nuova alba… cosa sta arrivando? Un giorno dentro cui pagare pegno o dentro cui rinascere? E questo disco di Ginez e il bulbo della ventola mi lascia l’amaro in bocca: forse è un pugno quel che dobbiamo incassare, forse è la nostalgia di aver perduto qualcosa che doveva accadere ma che in fondo ha riferito altro. Come dentro la struggente “Lettera” o nel fumo del cemento notturno di “Le luci della sera” con questa tromba e questi ricami jazz da perdizione: Ho scelto te perché in fondo a quell’occhi ho visto me. Chi siamo dunque? Cosa resta dopo il fumo?
Che poi è una sensazione di ricerca che mi resta anche quando le canzoni cambiano facce: da “Benzene” a “Memorie di un poeta” sembrano passare anni, maturità e direzioni diverse. Vivere per tessere la trame del mio essere… dunque Ginez stai ancora cucendo la trama? Oppure la verità è che non si smette mai di tessere? E devo dirtelo: non mi piace, non mi rassicura e un poco traballa di intonazione la tua voce quando si apre alle vocali aperte in dinamiche pop. E la balcanica title track che tanto dipinge le attese? Anche questo significa tessere se stessi? Cosa perdiamo e cosa scopriamo nelle attese di quei passi che sentiamo arrivare ma che in fondo non esistono? E cosa sappiamo immaginare o credere di vedere oltre il fumo delle nuvole del nuovo giorno, quando anche l’amore svanisce?
E queste sono solo le prime chiavi di lettura di un disco ricco di spunti e di ombre, di giochi di luce e di rassegnazione… eh si perché la dannazione alcolica, per mano e voce di Ginez, la sento come una soluzione ad accettare quel che siamo e che stiamo diventando. Non è che la vita la possiamo chiudere dentro una canzone soltanto e poi sperare che cambi… perché poi alla fine, rassegnato, nei Balcani andanti di “Ho visto gente” lo canta a voce piena: E allora sai perché, io mi rifugio in me, in questo mondo io non mi ritrovo. Spunti… meditazioni… e chissà che Ginez non abbia ragione.