Progetto Panico: il quarto disco è “Universo n°6”
Siamo nella zona battuta da quell’indie pop leggero italiano, quella underground che dal basso proviene e sulla strada cerca di restare per parlare a tutti noi della quotidianità. Parliamo poi anche di quella canzone che nella forma e – soprattutto – nello spirito cerca di essere una degna conseguenza di quel punk inglese che urlava rivoluzione al sistema. Di certo la metamorfosi è gigante e per certi versi incontrollata ma direi che il risultato è assai efficace e utile allo scopo. Questo è il quarto disco dei Progetto Panico. E dentro questi 9 inediti prodotti artisticamente da Alessandro Fiori, ritroviamo il pop ed il rock, ritroviamo il punk e la scena randagia e ancora di più ritroviamo la verità di un suono che la smette di essere sempre e solo frutto dei computer. In rete il video ufficiale del primo singolo estratto dal titolo “Spettacolare”. E direi che la fattura del video e il contenuto rispecchiano a pieno tutto il leitmotiv del disco.
Con questo quarto lavoro si arriva a consacrare (forse più di prima) un certo punk. Cioè un certo modo di restare sintetici e basici nei suoni e nelle strutture. Sbaglio?
Si può dire così. La cosa curiosa è che chi sta scrivendo su questo disco, lo fa tirando in ballo il punk. Questo è il disco meno punk nella forma e negli stilemi (basti pensare all’uso degli archi e ad episodi da cantautorato puro) eppure, evidentemente, esce fuori comunque un’anima punk. Questo mi fa piacere. Per quanto riguarda il restare sintetici nelle strutture, hai perfettamente ragione, siamo cresciuto a pane e anni ’90 e diciamo che siamo rimasti affezionati a determinati stilemi.
Vorrei restare sul tema: cosa significa per voi tornare all’essenziale delle cose?
L’ essenziale è la canzone senza sovrastrutture, in questo caso i provini. Volevamo rimanere aderenti alle idee iniziali senza portare i pezzi altrove. Se parliamo di cose, persone, sentimenti, non saprei, ma forse il senso rimane quello, l’assenza di retorica, di barocco.
Parliamo di scena indie e di elettronica. Oggi si è molto meno raffinati con il mestiere artigiano mentre si è sfacciatamente scenici facendo sfoggio di suoni digitali da programmare a dovere. Mi sembra di capire che voi decidete di stare nel mezzo… o quasi… non è così? In altre parole come vi rapportate alle tendenze di oggi e come vi contaminano?
Ci contaminano le idee che circolano, almeno quelle che arrivano casualmente nei nostri radar. Non saprei come si sta evolvendo la scena odierna. Voglio dire, le tendenze che sono diventate popolari (in Italia perlomeno) negli ultimi tempi, Trap o lol rap, elettro pop sono solo uno fetta della smisurata mole di uscite attuali. C’è il pop di Calcutta e quello di Motta, c’è lo Street pop dei Coma cose, c’è la disco di Cosmo, il cantautorato di Giovanni Truppi… Non vedo artisti che fanno scuola. Vedo una moltitudine di gente che scrive più o meno bene con produzioni che si possono permettere. Noi, decidendo di fare un disco con Alessandro Fiori, non abbiamo scelto una strada, ma un uomo, un artista e secondo me un ottimo artigiano.
Molto suono di questo disco sembra voler restituire quel gioco in studio di improvvisazione e trasgressione. Quanta sperimentazione c’è nella produzione di questi inediti?
Ha la sua parte naturalmente. È stato registrato praticamente in presa diretta. Quando si suona insieme più che un improvvisazione strumentale, c’è un gioco fra di noi, ed è questa sinergia che crea un’atmosfera che arriva all’ascoltatore, bella o brutta che sia. La trasgressione sta tutta qui, far prevalere il lato umano e non quello meccanico del lavoro…ovviamente non ci siamo inventati nulla.
Che poi vi chiedo: quanta parte di questo disco è nata prima dai live e dal suono suonato e poi dai giochi in studio decisi a tavolino?
È tutto nato a casa mia, con una chitarra acustica nei ritagli di tempo… Poi è rinato in sala prove, dove la materia grezza si trasforma in base ai gusti di tutti i membri della band.