Massimiliano Cusumano: un’isola dentro il cuore
Compositore, chitarrista ma anche e soprattutto visionario di vita. La sua Sicilia e il resto del mondo. Ci sono dischi difficili da raccontare e sicuramente impegnativi per quel dialogo comune che siamo abituati a trovarci attorno, a sopportare troppo spesso tanto da aver perduto il piglio per spaziare con la mente e con le orecchie verso orizzonti ben diversi. C’è dell’altro in questo grande lavoro di Massimiliano Cusumano. Musica strumentale che racconta la sua terra e tutto il resto del mondo che arriva dal mare. Contaminazioni, africane per la maggiore, in un bellissimo disco dal titolo “Island Tales” pubblicato dalla RadiciMusic che non è per niente nuova a queste avventure di stile e di cultura. Musica che mostra, dimostra e raffigura. Un viaggio che va fatto senza pregiudizi di stile, di forma e di abitudine. In rete il bellissimo video ufficiale del singolo estratto dal titolo “Ballarò”, girato negli antichi mercati rionali di Palermo. Che bellissime sensazioni…
Prima di tutto una curiosità: vivere da “isolano” è uno svantaggio rispetto a chi vive al centro delle grandi metropoli? In qualche modo era la domanda antica delle province come luogo retrocesso e lontano dall’energia pulsante delle città…
In qualche modo l’isola è sia provincia che centro del mondo: essere isolano significa avere un punto di vista privilegiato sul mondo che ti circonda, puoi scrutare l’orizzonte come se fossi su una torre e poi accogliere chi vede nell’isola un rifugio, un approdo, una nuova opportunità. Come punto di incontro, di arrivo e di partenza raccoglie tutte le energie che vi confluiscono e che possono tornare rinnovate nei loro luoghi di origine come le città e le metropoli. Quindi, se a molti il mare dà l’idea di una barriera invalicabile, per gli abitanti di un’isola il mare diventa opportunità, una via preferenziale verso ogni luogo.
Ora parliamo di chitarra: da chitarrista mi sarei aspettato di vedere al centro la chitarra, strumento portante e poi tutto il resto. Eppure in molte occasioni trovo che sia la composizione tutta ad avere voce in capitolo. Non che sia un demerito o un difetto… mi incuriosisce sapere che ne pensi e, se ho ragione, che tipo di scelta hai fatto nella produzione di questo disco.
È una domanda che mi hanno posto in tanti. Non c’è dubbio che la presenza di altri strumenti e di altre voci, come quella del sax, siano molto importanti. Ho compiuto una ricerca di suoni e sensazioni che non sempre mi sono state restituite dal mio strumento. Del resto ho lavorato al disco nella duplice veste di chitarrista e compositore e i due aspetti si intersecano a vicenda, talvolta uno prevale sull’altro e sempre si stimolano a vicenda. Forse gli altri possono giudicare quale sia prevalente.
In che modo hai vissuto la Sicilia per essere arrivato a concepire un disco simile?
La dimensione sia geografica che culturale della Sicilia, rende la mescolanza e la fusione di idee e sentimenti molto agevole a chi le porge l’orecchio. La Sicilia è stata terra di conquiste e tutti quelli passati da qui hanno lasciato qualcosa, un patrimonio ricco, specialmente per quanto riguarda l’arte, la musica, la letteratura, la cucina e l’architettura. Le melodie presenti in questo lavoro tentano di evocare queste culture che hanno arricchito la storia della mia terra. Sentire le diverse anime di questa terra e tradurle in musica è stato l’elemento propulsore delle composizioni.
Esiste una regione particolare della tua terra a cui maggiormente devi la tua ispirazione?
Non posso fare a meno di citare uno dei brani presenti nel disco che prende il nome da una piccola isola delle Egadi, la più lontana: Marettimo. Un’isola che riesce a rigenerarmi, a farmi apprezzare il senso della bellezza, a riportare il tutto ad uno stadio primordiale non viziato da una quotidianità scettica e indifferente. Lì riesco a tirare fuori le melodie e le armonie delle storie che ho immaginato cercando di commentare con la musica le diverse sensazioni che provo.
E a proposito di ispirazioni: verso chi hai qualche debito d’arte?
Da chitarrista potrei citarti una miriade di musicisti, che vanno dal Jazz al Rock, che probabilmente hanno influenzato non solo me ma intere generazioni. Mi definisco un “affamato”, sono sempre alla ricerca di nuovi artisti e di nuovi suoni. Mi affascina la musica mediorientale che sento molto vicina. Esiste un denominatore comune a tutti i miei artisti preferiti che riescono, anche dopo infiniti ascolti, a trasmettermi ispirazione e creatività. Uno di questi è Dominic Miller. Lui riesce a catturare la mia attenzione, a portarmi in luoghi lontani, a stimolare la mia creatività e la ricerca di emozioni. Trovo il suo modo di suonare, il suo suono e le sue composizioni originali, pure e prive di artefatti.