RECENSIONE: Majakovich – Elefante
La terza fatica dei Majakovich (la seconda in italiano) segna una certa discontinuità con il precedente full (“Il primo disco era meglio“) prodotto da Tommaso Colliva. Per quanto utilizzi il medesimo mezzo di comunicazione del suo predecessore, Elefante, dal punto di vista sonoro, ricorda molto la fase embrionale della band, quella degli esordi in lingua inglese. L’intero disco si fa apprezzare per una marcata genuinità nell’affrontare il tema, sempre intricato, degli arrangiamenti. La band sceglie volutamente di apparire vera, onesta e diretta. Se questo da un lato porta ad ottenere un canale di comunicazione aperto con l’ascoltatore, dall’altro genera scelte di produzione non del tutto convincenti. Sembra essere indispensabile una sorta di confusione ponderata che, purtroppo, caratterizza molte delle produzioni italiche in ambito rock. Una tendenza forse vetusta se inserita in un contesto più internazionale.
I brani di Elefante sono costruiti con autorevolezza, girano senza intoppi e regalano anche buoni momenti di sperimentazione riflessiva. Riflessiva per la band, che si avventura in territori più ostici, e per l’ascoltatore che scopre un lato nuovo dei Majakovich. L’attitudine complessa del non dover piacere a tutti i costi alla fine paga i suoi dividendi ed aggiunge aspetti interessanti alla proposta del trio umbro. L’aspetto lirico è sempre ricercato al punto giusto. Lascia spazio all’interpretazione ed al viaggio. Produce i giusti spazi per potersi perdere e ritrovare.
Con i suoi pregi e difetti Elefante è un disco che ha una struttura logica ed un contenuto. Al giorno d’oggi non è una condizione assolutamente scontata.
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Voto: (6,5 / 10)
Tracklist:
- Elefante
- Aprile
- Diecimila ore
- Casa
- Un gran bel culo
- Piero portami a scuola
- L’ultimo istante prima di partire
- Maledetto me
- Grammatica
- Salvati