Christian Frosio: parlando di “Mille Direzioni”
Lavoro di eleganza e di sicurezze, di conferme e di grandi ragioni classiche quello che vede esordire il cantautore bergamasco Christian Frosio. Si intitola “Mille direzioni” questo disco di inediti in cui l’autoproduzione del nostro mette in scena il pieno gusto e le tante capacità visionarie e artistiche dell’artista lombardo. Sono 4 i video in rete che troviamo nel suo canale YouTube: “Distante” è l’ultimo singolo uscito. Vita che diventa, che si scopre e ci riscopre ogni giorno. Vita di “Mille direzioni” in questo bellissimo pop che ci riporta nelle tanto celebrate tradizioni della canzone leggera italiana… quella pensate di un mestiere cantautorale…
Il pop d’autore, la bella melodia, le soluzioni che coccolano le abitudini. Tutto questo è in controtendenza in una scena musica oggi in cui si cerca di soverchiare le origini e la classica forma della canzone. A mio modo di vedere le cose sono tentativi magri e di poca sostanza che finiscono sempre per tornare da dove sono partiti. Apprezzo moltissimo chi alle radici classiche destina grande rispetto e valore. Tu come la vedi?
Per quanto mi riguarda io sono cresciuto con la musica leggera e il cantautorato italiano, e a questo linguaggio mi affido. La melodia, la ricerca del suono, l’armonia sono valori su cui mi baso per veicolare i contenuti delle mie canzoni. Poi mi affido alla forma canzone che anche se classica in alcuni brani (“Mille Direzioni” o “Anime Leggere”), non è intesa in senso rigido (vedi “La Nostra Casa” o i 7 minuti di “Guarderò Lontano”).
Riguardo la musica di oggi, senza fare una generalizzazione perchè sarebbe sbagliato, credo che si sia perso il senso della ricerca armonica. Se ascolti Endrigo, Bindi, ma anche Modugno, dietro gli arrangiamenti c’erano direttori di orchestra che avevano una conoscenza profonda della musica. La tradizione ha tanto da insegnarci.
E se parlassimo di rivoluzione, secondo te cosa davvero funzionerebbe per rivoluzionare la canzone, la sua forma e soprattutto la sua fruizione?
Ti potrei dire l’abbandono del sistema musicale temperato oppure l’utilizzo della dodecafonia. Ovviamente esagero. In realtà basterebbe molto meno.
Credo che una forma di “rivoluzione” oggi possa essere semplicemente la ricerca della propria identità musicale, senza cercare di sforzarsi di essere di tendenza allinenadosi su sonorità per così dire attuali solo per apparire “moderni”, perchè in questo modo non si farebbe altro che contribuire al processo di massificazione.
“Mille direzioni” è un disco italiano nella sua più alta accezione del termine. Quali sono stati i riferimenti utili che ti hanno accompagnato?
Io sono cresciuto fin dall’età di 6 anni suonando le classiche canzoni del canzoniere con la chitarra, quindi partiamo da li. Poi mi sono avvicinato alla musica brit-pop degli anni 90 e alla ri-scoperta di Battisti (ultimamente ascolto molto Don Giovanni, uno dei suoi album che preferisco). Poi c’è anche il primo Grignani, Radiohead e la musica leggera italiana. E’ chiaro che questi riferimenti sono poi elaborati attraverso la mia personalità e tanti altri ascolti. Nel primo disco diciamo che ho voluto inserirmi in quel percorso di ascolti che più mi ha inflenzato.
Notiamo come la collaborazione con Michele Bernardi che ti ha portato anche a grandi traguardi (parlando della produzione video) non si è rinnovata per queste ultime due clip che hai pubblicato o sbaglio? C’è una ragione particolare?
Con Michele è nato un sodalizio artistico incredibile per la realizzazione del video “Apri La Finestra”, che è stato il mio primo brano pubblicato. Ricordo la passione che guidava le idee, e come venivano accolte da entrambe le parti. È un videoclip a cui sono molto legato e che è arrivato finalista in due festival oltreoceano a Toronto e Los Angeles, oltre al Biella Music Festival. E’ un lavoro che ha tante sfaccetatture e che va scoperto.
Per i video successivi ho scelto altre soluzioni perché mi sembravano semplicemente più adatte alla canzone. E poi mi sono dedicato personalmente alla scrittura e direzione dei video. Non escludo una nuova collaborazione in futuro con Michele che è uno dei più illustri rappresentanti in Italia dell’animazione. Ma a decidere la strada visiva da intraprendere non sono io, ma le canzoni.
Ci tieni moltissimo a sottolineare il concetto di “autoproduzione”. E tornando ai video questi sono una grandissima manifestazione dell’individualità. Per te nello specifico cosa significa?
Per me è stato un mettermi alla prova, crescere, imparare. Produrre e arrangiare un disco è un passo molto complicato, soprattutto all’esordio. Il rischio di sbagliare è alto, intendendo con questo un ritrovarsi in mano con un prodotto musicale non di livello per quanto riguarda il Suono del disco e gli arrangiamenti. Per questo “Mille Direzioni” ha richiesto due anni di lavorazione. Sono maturato insieme all’idea del suono, ho studiato, ho analizzato i dischi, ho lasciato sedimentare il materiale e sono diventato produttore di me stesso. Sottolineo quindi questo concetto dell’autoproduzione solo per far capire il lavoro che c’è stato dietro alle canzoni e ai video (che ho scritto e diretto), anche se poi all’ascoltatore tutto questo non deve interessare perché ciò che conta sono solo i 4 minuti circa della canzone.
A chiudere: oggi la musica di un cantautore è piegata all’estetica o esiste ancora una ragione lirica e di contenuto?
Se per estetica intendi la forza prioritaria dell’immagine rispetto alla musica, credo che questa non sia sufficente. Si insomma, puoi fare breccia nel mare di proposte che ci sono oggi e in cui l’ascoltatore annega ma alla lunga il contenuto paga. E’ certo che se il contenuto resta nel sommerso anche questo è destinato a perdersi, o meglio a non essere scoperto o valorizzato.
Quindi l’estetica ha la sua importanza e bisogna prestarvi attenzione perchè gioca un ruolo primario, soprattutto nell’odierna era dell’immagine, ma questa deve essere sempre subordinata al contenuto musicale che resta l’elemento primario di attenzione. Altrimenti la tua musica finirà con l’essere una meteora. E allora tanto vale.