Disponibile in formato digitale e fisico “Profondo Blu”, il nuovo album del cantautore modenese EMILIANO MAZZONI
È disponibile dallo scorso 8 luglio in formato fisico e digitale “Profondo Blu“, nuovo lavoro di Emiliano Mazzoni, in uscita per Private Stanze / Audioglobe. Il terzo disco del cantautore montanaro modenese è stato anticipato nelle scorse settimane dal videoclip, disponibile su Youtube, del singolo “La metà“, nel quale si vede il nostro in uno studio Rai degli anni Sessanta interpretare con grande eleganza e piglio da cantante confidenziale una ballata dal sapore caveiano che nel suo essere intimamente blu(es) rappresenta al meglio l’atmosfera del disco.
Non è certamente il primo Emiliano Mazzoni ad abbinare un’opera artistica al blu. L’hanno fatto in tanti prima di lui: canzonettari e poeti, pittori e cineasti. Ma sono pochi quelli che al blu, anzi al blu profondo, hanno associato parole, suoni e immagini positivi.
Così è per quest’opera, prodotta ancora una volta da Luca A. Rossi (Üstmamò, Giovanni Lindo Ferretti). “Profondo Blu” è un disco di ballads, dodici una dietro l’altra col pianoforte molto più al centro che in passato e pochi altri strumenti (basso, chitarra, batteria) a sorreggere la voce al solito vagamente retrò e qui molto sciamanica – uno sciamanesimo da bar, si intenda – di Emiliano. Dodici ballate un po’ murder, un po’ love, un po’ spirituals. Senza un argomento preponderante, ma accomunate da due aspetti fondamentali: un’intensità feroce, essenziale, eppure sempre più accogliente ascolto dopo ascolto, e “una innata bontà, una certa comprensione ed udite udite anche ottimismo”.
Dentro “Profondo Blu” ci sono la bontà e l’ottimismo di chi è immerso nel “crederci”. E questo “crederci” è forse la chiave di volta dei brani del disco. Crederci grazie a una fede vitalistica in un annegamento d’amore con un’amante perduta (“Tiepido mare”) o crederci grazie alla fede in un mondo dove ogni cosa è a metà e ha bisogno de “La metà” mancante. Ma crederci anche come speranza, che che in “E tutti eran da qualche parte” diventa un franco augurio di morte a chi le brutture non le combatte ma le persegue. E infine crederci come incantamento che la morte governa (“Al mio funerale”, “S. Valentino nella cassa”) e come visione (“E tutti eran da qualche parte e stavan facendo qualcosa, / qualcuno faceva alla buona qualcuno anche alla schifosa”).
Crederci, insomma, come si crede a una piccola grande profezia di canzoni che magari non si comprendono subito ma ci attraversano le costole e i polmoni e ci lasciano lì, increduli, a crederci. A crederci che nel “Profondo Blu” si sta bene, perché può accadere di tutto, perché abbiamo la possibilità di fare accadere tutto e dobbiamo averne il coraggio. Il coraggio di saperne di più.
È così Emiliano Mazzoni: uno che quando scrive vuole sempre saperne di più. Immaginatelo in giro per le sue montagne ad annusare l’aria, ad ascoltare i suoni e i silenzi di ciò che esiste e di ciò che non esiste, a succhiare il mistero. Immaginatelo poi tornare a casa e scrivere cose che forse nemmeno lui subito capisce, ma sente. Ecco, tutto questo, e altro che non si può dire, è tuffarsi, bagnarsi, perdersi, vivere e morire dentro il “Profondo Blu”.
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