[INTERVISTA] Rita Zingariello: un disco di grandi dettagli
Lei ci dirà che ama le piccole cose.
Noi le rispondiamo che sono queste le cose più grandi da celebrare… Altro che piccole cose. Si intitola “Il canto dell’Ape” il nuovissimo disco di Rita Zingariello, pugliese di origine ma – direi senza pensarci – apolide di devozione.
Un lavoro bellissimo, di colori accesi ma che siano a pestello, una bella immagine che mi arriva leggendo anche molte delle pubblicazioni che sta ricevendo il lavoro.
Si parla di un suono delicato, acustico ma ben condito di futuro, si parla di una canzone d’autore al femminile nel più bel senso romantico del termine, si parla di sensibilità per la parola, per il momento che puoi toccare con mano…
Non è un disco di grandi ritornelli o di un suono presuntuoso.
C’è di tutto, dalla scena popolare ai classicismi europei (parliamo di Francia, Spagna e Argentina)… Ma anche, e non mi si rimproveri per l’azzardo che seguirà, radici Post Rock senza per forza associare a queste parole immagini e suoni di chitarre distorte e sospensioni industriali. Ok. “Il canto dell’Ape” è un disco per niente banale che dovete fare vostro subito.
La bella canzone d’autore italiana.
Un bellissimo ascolto che forse, per molte parti, mancava al piattume distorto dell’indie moderno. Quindi non solo il Rock ma anche la canzone d’autore non è morta vero?
Sono davvero felice che il disco ti sia piaciuto e che non lo abbia trovato prevedibile.
Trovo che tutto, o quasi, sia stato detto nella musica e quando un disco, nonostante ciò, riesce ad essere ascoltato e apprezzato significa che ancora qualcosa sopravvive (anche nella musica d’autore). Certo oggi si fa molta più fatica a scoprire dove stanno gli artisti che non sono inseriti in una playlist creata da Spotify, ma esistono, serve solo dall’altra parte l’insoddisfazione di quello che passa il mercato e la curiosità necessaria per cercare anche dove non ci sono riflettori.
Ma forse non è l’Italia il tuo habitat naturale. Che sia la Francia?
Non è la prima volta che me lo dicono.
Sarà forse arrivato il momento di comprare valigie più grandi del trolley rosso che mi porto in giro per l’Italia?
Non so se la Francia possa essere realmente il luogo giusto per sentirmi a casa, dico solo che in questi anni mi è bastato sentirmi ripagata e coccolata da tutti coloro che si sono avvicinati alla mia musica.
Conosco uno ad uno le persone che mi seguono e mi fanno sentire a casa dovunque li incontri.
Una casa mobile, piccola e accogliente.
Bellissime, tante le idee che trovo. Belle queste dinamiche, queste citazioni di genere, bello questo andare in giro per il mondo. Come sono nati gli arrangiamenti del disco?
Portando in studio quasi tutti i musicisti che in questi anni di attività ho avuto la fortuna di incrociare.
Ognuno di loro arriva da un percorso artistico diverso e questo ha fatto sì che il disco, pur mantenendo una riconoscibile ed unica direzione, potesse spaziare attraverso tanti generi.
È stata una scelta voluta la mia, perché trovo che la musica suonata bene debba mescolarsi per creare cose nuove in un mondo in cui è stato creato quasi tutto.
Il culto per i dettagli mi porta a farti una domanda marzulliana se posso. Piccole cose che apprezzi solo dall’alto o grandi significati che si possono racchiudere nelle piccole cose?
Piccole cose che apprezzi quando guardando dall’alto. Capisci che i più grandi insegnamenti arrivano proprio dalle piccole cose.
Bellissima “Preferisco l’inverno”. Come si trova questa “nenia” spagnola poco più lunga di un solo minuto e di sola chitarra classica dentro un disco di bellissimi dipinti a mano?
In realtà la canzone nasceva con una struttura simile alle altre.
Tre strofe e tre ritornelli, però negli arrangiamenti sentivo che mancava qualcosa e allora ho pensato al contrario: togliere piuttosto che aggiungere.
Del testo ho lasciato un’unica frase che ne racchiudesse il senso e della musica ho lasciato che il chitarrista si sentisse libero di far risuonare la melodia che avevo scritto improvvisandola a suo modo. Ne è venuta fuori una traccia che sospende il disco a mezz’aria, lasciando probabilmente respirare l’ascoltatore tra un dipinto e l’altro, come dici tu.
Mi piace tanto questa immagine 🙂
duraniano
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