Anthony Valentino: il rock degli anni nostri
Ascoltando questo lavoro dai colori scuri che si titola “Walking on Tomorrow”. Lui è Anthony Valentino, producer, chitarrista dall’anima rock congelata dentro le trame anni ’90 e primi 2000, quando il progressive e le rifiniture epiche davano quel senso metropolitano ad un suono che aveva solo ferro e ruggine per parlare d’amore… il lato rude del romanticismo, forse il più vero. E in questo esordio sono tante le derive “pop” che ha sempre resto afferrabile da tanti un genere che per tanti motivi è rimasto quasi sempre confinato in una nicchia di genere. Ed invece c’è tanto suono quotidiano dentro… e Anthony Valentino conosce bene questo mestiere…
Producer, chitarrista che vive in questo genere dentro la scena milanese (in particolare) che a dire la verità non pensavo fosse così ricca di questo tipo di rock. O sbaglio?
Sì, Milano è sicuramente una città che ha molto da offrire ad un musicista Rock. E’ infatti una città nel quale ho sempre suonato molto e nella quale spero di continuare a suonare. Abbiamo vissuto tutti questo particolare momento storico, che sicuramente ha cambiato molte realtà, ma la musica e l’arte in generale, che raccontano la bellezza, la vita, le emozioni sono e saranno importanti per tutti. Quindi spero che, nella maggiore sicurezza possibile, si potrà presto tornare a riunirsi per manifestazioni di arte e, per quanto mi riguarda, per concerti. Suonare live è un momento per me fondamentale. Infatti il confronto con il pubblico è il momento nel quale davvero mi rendo conto di come arriva la mia musica e il calore, il trasporto e il coinvolgimento di chi mi ascolta sono un fattore che mi spinge a ricercare sempre il massimo nella mia performance.
Milano, per la sua eterogeneità ed anche per la quantità e smisurata tipologia di locali che accoglie, consente a tutti i generi musicali ed in generale a tutte le forme d’arte di avere il proprio spazio di espressione. Purtroppo è anche vero che negli ultimi anni la scena Rock ha sicuramente subito un calo di attenzione importante, complice la chiusura di molti locali storici e di un interesse inferiore per gruppi che propongono brani inediti a favore di gruppi che propongono cover.
Ispirazioni?
I generi, così come gli artisti che mi hanno e continuano ad ispirarmi, sono diversi; sono partito dell’Hard Rock ed il Rock N’ Roll classico. Ma sono tanti i generi musicali che sono per me un costante punto di riferimento e cito, ad esempio, il Punk, il Metal, l’Hair Metal, il Pop Rock e il Blues; ognuno di questi generi riesce ad ispirarmi in modo profondo e mi permette di esprimermi in maniera onesta e sincera. Infatti in “Walking On Tomorrow”, dove ho voluto raccontare il mio punto vista rispetto a temi che sento molto importanti per la mia vita sono presenti un po’ tutti questi generi musicali.
Ma soprattutto qual è il tempo storico musicale in cui torneresti a vivere?
Beh, ovviamente negli anni settanta e soprattutto ottanta. I chitarristi ma in generali i gruppi che hanno maggiormente ispirato il mio modo di suonare e che mi hanno formato come musicista sono esplosi tutti in quegli anni. Penso che nessun ventennio sia stato più florido per il Rock come gli anni settanta e ottanta. Infondo chi non si è innamorato, non ha trovato ispirazione, coraggio o consolazione in un pezzo dei Guns N’ Roses, Aerosmith, Bon Jovi, Europe, Led Zeppelin, Deep Purple, Alice Cooper, Jimi Hendrix, ACDC, Dire Straits. Solo per citarne alcuni. L’elenco sarebbe ben più lungo e anche ben più dilatato nel tempo, amando molti artisti anche degli anni cinquanta e sessanta.
Non trovi che oggi sia un tempo per niente ospitale per un disco come “Walking on Tomorrow”?
Sinceramente penso che sia sempre tempo per il Rock. L’Hard Rock è di certo più di nicchia rispetto al passato ma, ogni genere musicale ha il suo spazio. Personalmente sono molto soddisfatto di quanto viene detto rispetto al mio disco ed anche degli ascolti. “Walking On Tomorrow” racconta di me e sono contento che sia stato da molti percepito come un album onesto e sincero, mi gratifica che arrivi chiaro il mio punto di vista così come il modo in cui lo esprimo. Sono consapevole dello spazio che oggi occupa l’Hard Rock, soprattutto tra i più giovani, ma questo è il mio mondo musicale, quindi non avrei potuto fare un disco diverso rispetto a quello che ho prodotto. E poi nel disco, oltre alle chitarre distorte che apprezzerà di più un pubblico legato agli anni settanta ed ottanta, ci sono anche brani più melodici che si adattano agli ascoltatori anche meno amanti e meno affini all’Hard Rock. Quindi direi che posso ritenermi soddisfatto dello spazio che sta occupando il mio disco anche se ovviamente spero di crescere sempre di più e di farmi apprezzare da un pubblico sempre maggiore.
Hai mai pensato di codificare con l’italiano tutto questo mondo?
Penso sia difficile. Il genere che suono è nato in Inghilterra e in America, quindi scrivere in inglese è stata una scelta naturale. Se avessi composto i testi in italiano non credo sarebbero stati altrettanto sinceri come sono per me cantati in inglese.
Quindi no, direi che non ho pensato a come avrei potuto codificare il mio mondo Hard Rock con l’italiano. Compongo anche in Italiano ma quando entro in un altro mondo musicale, quello del Folk; questo è un genere che mi affascina molto, che ascolto e che mi ispira e, quando suono folk, scrivo spontaneamente in Italiano. Ogni genere musicale penso abbia la propria dimensione e personalmente l’Hard Rock, per il mio modo di intenderlo, lo concepisco in Inglese per i miei lavori. Ci sono però tanti gruppi Hard Rock e Metal che scrivono in italiano e che mi piacciono tantissimo.
E con l’inglese, la pronuncia e la scrittura… come hai gestito tutto questo da italiano?
Direi che ho attinto sia dalle mie conoscenze personali e poi, beh, confesso di aver fatto dare una lettura approfondita ad amici madrelingua per essere sicuro di non apparire rispetto ad alcune espressioni o formule troppo scolastico.