MUNICIPALE BALCANICA: la contaminazione di “Night Ride”
Di sicuro non sono nuovi agli inediti e di sicuro non sono nuovi della scena musicale in generale. La Municipale Balcanica però in tutti questi anni non è che delle proprie scritture ha fatto una bandiera o un ariete di sfondamento, avendone comunque tutta la forza e la possibilità. A loro associamo maldestramente il ritmo balcanico di festa e, sempre maldestramente, andremmo a sbagliare di grosso lasciandoci dietro un mondo di contenuti e di sfumature culturali prima e musicali dopo. Ed ecco arrivare questo disco dal titolo “Night Ride”, lavoro di soli inediti. Dunque la tradizione si ma come condimento e trama di supporto per sviluppare, a volte restando fedeli alla linea come nel singolo “Transylvania Party Hard”, a volte prendendo derive lounge / psichedeliche / digitali come in “Deserto Non Deserto”, oppure affrontando percorsi più sfacciatamente cantautori come in “Ogni Stella” e, ancora, facendosi quasi rock sempre lasciando quel retrogusto turco a mantecare il tutto in “Rusty”. Sono 8 brani e sono 8 visioni differenti di una band che ha saputo sempre rinnovare e rinnovarsi. Un disco di canzoni e di brani strumentali. Un disco per niente immediato e banale. Un disco che fa parte di quella schiera di opere che dovremmo smettere di giudicare o commentare – come sto facendo anche io d’altronde – e lasciarsi cadere semplicemente nel flusso visionario della musica. Ecco: “Night Ride” è un disco altamente visionario.
Iniziamo col dare un po’ di coordinate perché in fondo il vostro mondo musicale è pregno di tanti luoghi comuni: musica balcanica o musica yiddish? Voi da che parte state e perché?
Per fortuna la musica non impone limiti e schieramenti. Certamente il nostro nome finisce per influenzare la percezione di noi e, involontariamente, aumenta i pregiudizi spesso in senso negativo facendo pensare, prima dell’ascolto, di essere in presenza di un gruppo che cerca di imitare le più classiche fanfare balcaniche. La realtà è che, all’inizio della nostra storia ormai sedici anni fa, eravamo giovani musicisti curiosi di imparare ciò che accadeva fuori dai nostri confini e dalla musica accademica e occidentale in cui ci eravamo formati. Il contatto con la cultura musicale balcanica, grazie anche agli immigrati nel nostro paese, è stato il primo che abbiamo sperimentato e a quel primo contatto abbiamo dato il un tributo nel nostro stesso nome. Il nostro è fondamentalmente un percorso di crescita e conoscenza in cui scopriamo, partendo da dati spesso tecnici come scale musicali, tempi, strutture, ritmi, che nella Storia c’è un movimento sotterraneo, costante, affascinante di contatti che sfidano i confini e le distanze. Imparare canzoni nuove e lontane lasciandosi influenzare senza diventare imitatori crediamo sia un aspetto fondamentale e significativo dell’essere musicisti in ogni contesto e genere.
Che poi questo “Night Ride” sposa la tradizione e accogle il futuro non è così?
Componendo “Night Ride” non ci siamo assolutamente posti la questione delle percentuali in cui mettere tradizione, futuro e sperimentazione. La “tradizione” è parte di noi e si manifesta quando deve senza il bisogno di essere ostentata. I brani che abbiamo composto sono molto diversi tra loro e non sono stati né scritti né selezionati in base a schemi decisi a tavolino. Nei precedenti album una parte della tracklist è sempre stata riservata a brani tradizionali quasi con lo scopo di far conoscere culture musicali distanti da quella italiana, mentre in “Night ride” ci siamo svincolati da questo “dovere” di divulgatori godendoci una libertà assoluta.
Strumenti della tradizione (e qui cito per esempio “Martin Got Lost”). E poi strumenti attuali di questo futuro (e qui cito “Deserto non Deserto”). Come mai questo matrimonio?
Abbiamo trasferito nel disco la nostra naturale evoluzione di musicisti. Negli anni ci si appassiona a nuovi strumenti, si cerca di imparare cose nuove e ci si ritrova in maniera molto naturale a far entrare nel proprio sound nuove soluzioni. Non esistono contraddizioni nella coesistenza di strumenti diversi per epoca, storia e origine. Da ascoltatori ci accorgiamo che certi accostamenti stridono solo quando sono disonesti e prodotti da uno sperimentalismo vuoto, ma quando il “matrimonio” artistico di cui parliamo è il risultato di un processo naturale non c’è nessuna disarmonia.
È stato difficile far colloquiare assieme i due periodi storici così lontani tra loro?
No, anzi. La musica stupisce per la naturalezza con cui rende fluida la coesistenza di spunti apparentemente lontani per epoca e geografia. Ci sono momenti in cui la musica va più veloce, nei suoi processi, del musicista che la sta componendo o interpretando.
E ancora: brani come “Polvo Y Suenos” o “Rusty” dove si collocano all’interno di questa musica balcanica?
Brani così apparentemente distanti dal repertorio di un gruppo che si chiama “Municipale BALCANICA” trovano la loro ragion d’essere semplicemente nella voglia dei musicisti della MB di raccontare quelle storie in quel modo. A onor del vero pure negli altri album c’erano brani che sfuggivano al genere world music o balkan in cui. Nel caso specifico “Polvo y suenos” è un gioco che parte con un ironico citazionismo delle atmosfere centro americane per dare un messaggio finale, ricorrente nei nostri brani, sul non fermarsi alle apparenze, superando gli stereotipi. “Rusty” invece è, nel suo approccio più fieramente rock ed elettrico, la naturale manifestazione di un sound che veramente ci appartiene sin dalle origini.
E dopo “Transylvania Party Hard” avete in cantiere un altro video di animazione? Oppure altre soluzioni in mente?
Stiamo progettando nuove soluzioni per un ambito, quello “visual”, in cui abbiamo ancora molto da esprimere. Ci faremo ispirare da questo album in cui ogni brano ha una connotazione quasi cinematografica ben definita.