Andrea Donzella: il pop delle sue “Maschere”
C’è un finissimo gusto di lavoro e di radici prog italiane, di quegli anni ’60 e ’70 che venivano chiamati pop. C’è quel tempo antico dietro la scrittura di Andrea Donzella che propone i suoi 8 inediti di leggerissime trame italiane, di canzoni che all’amore richiedono i significati più ampi per la vita di ogni giorno. “Maschere” è un disco senza pretese ma libero e leggero, arioso, sospeso in bilico tra quelle venature progressive che però restano sottaciute e fin troppo velate. Avremmo preferito invece che la direzione in tal senso fosse stata più marcata però alla fine questo vedo non vedo non sembra essere troppo sbagliato. “Maschere” è un disco maturo, di riflessioni, di analisi. Di sicuro non è un disco di consumo superficiale. Aspettando il video ufficiale siamo qui pronti a rapire qualche curiosità che sia buona per addentrarci ancora meglio in tutto questo lavoro.
La prima domanda è: quanto ha pesato per te il Rock Progressivo italiano?
Credo che il Rock progressivo italiano non abbia influenzato in alcun modo il mio Album in quanto non è un genere che ascolto, almeno,questo per quanto riguarda la mia consapevolezza, poi è chiaro che tutto quello che ascoltiamo, volutamente o meno, probabilmente viene assorbito dalla nostra mente e poi te la rimanda miscelata a suo piacimento, ma questa è la magia della musica. Guai voler a tutti i costi trovare spiegazioni Logiche o Tecnico/Scientifico .
Che poi faccio caso moltissimo a questa copertina del disco. Altro grande richiamo ad un periodo magico, non è così?
È bello quello che dici, ed è coerente il richiamo che fai. Nel mio caso questo è un quadro che dipinsi nel 2008 e il significato nella sua complessità affrontava il tema dell’uscire dalla cerchia, da tutto ciò che è conforme e in un certo senso per me, conformarsi, vuol dire anche nascondersi, rinunciare a se stessi… e quindi l’ho scelto come copertina proprio in funzione di queste analogie.
Cosa sono per te le “Maschere”? Oltre che difesa personale… ?
In questo caso come dicevo prima, per me le maschere sono una sorta di filtri è sono anche un rifugio per evitare di mostrarsi, a volte anche per paura di non essere accettato per come si è. Ma aggiungo che in alcuni casi, potrebbero essere anche una forma di privacy, la stessa che ti permette di non svelare il tuo stato d’animo che a volte trapela dal volto. Ho chiamato l’album “Maschere” inteso come un invito ad usarle il meno possibile e al non rinunciare a noi stessi.
Un disco ampiamente arrangiato, soprattutto sono gli archi a farla da padrone. Come mai questa scelta?
Ogni strumento ha una sua funzione specifica e tutte le parole che non ho saputo scrivere, le hanno scritte le note che questi hanno emesso.
Gli archi in questo lavoro, ma in generale direi, per me sono l’espressione più dolce della mia essenza e, in pari misura, la chitarra elettrica usata per sfogare quel mio lato aggressivo. Questa convivenza emotiva che abita in me non potevo metterla a tacere, ed è proprio per questo che gli archi non hanno avuto un ruolo marginale.
A quando un video di lancio? Qualche indiscrezione in tal senso?
Abbiamo girato il video in questi giorni e ho avuto la fortuna di avere come regista Eugenio Ripepi. Posso solo dirvi che dovrebbe essere pronto entro la prima decade
di Gennaio 2019. È un Cortometraggio che racconta l’inizio e la fine di una storia d’amore, dove il brano “Quante volte avrei voluto” farà da colonna sonora. La mia sarà una presenza marginale, in cui avrò il ruolo di narratore del brano.