[INTERVISTA] DEATHWOOD: due parole prima del tour in Russia
In previsione di un importante tour che li porterà in Russia come supporto ad una delle band che più rappresenta il genere Horror Punk nel Mondo, i The Other, ci siamo catapultati al Punto Match di Raiano per intervistare i Deathwood, formazione abruzzese che dal 2011 propone le sue composizioni ricche di sangue, morti ammazzati e fenomeni paranormali.
Com’è venuto fuori questo nome per il vostro gruppo?
G 1 (basso, voce): E’ venuto fuori cercando un nome che potesse rappresentare adeguatamente il concept che avevamo in mente per la band. Molti fanno l’errore di separare le parole death (morte) e wood (bosco, legno). In realtà abbiamo pensato ad Hollywood come ad una fabbrica, il cui reparto degli horror movies si chiama appunto Deathwood.
Da cosa deriva la vostra passione per l’Horror Punk?
G 1: Principalmente dai Misfits, visto che io e Buz, il batterista, abbiamo iniziato a suonare insieme proprio per rifare una loro canzone in particolare, ossia “Scream”, perché avevamo visto che il video era stato diretto da George Romero. Da lì abbiamo scoperto le altre band di quel filone come i Calabrese o i The Other, ma anche la scena Psychobilly. Un piccolo aneddoto: l’anno scorso, in Belgio, ci è capitato di andare a suonare in un covo Psychobilly e ci hanno detto che eravamo troppo Pop. Testualmente mi hanno dato della “Britney Spears” (risate, ndr).
Che differenze avete notato tra il pubblico italiano e quello estero?
Buz (batteria): Superata Como il pubblico è più caldo, più familiare. Già da come arrivi che scendi dal pulmino, trovi persone che neanche conosci che ti aspettano per aiutarti a scaricare la roba, darti una mano, offrirti da bere.
Mr. T (chitarra, cori): Lì il pubblico viene per ascoltarti ed apprezzarti. Invece c’è capitata una serataccia nel Nord Italia, per dirtene una, che mentre stai suonando, tutti stanno fuori a fumare. Senza nemmeno la curiosità di sentire un pezzo.
Volete parlarci del tour che farete a Settembre in Russia con i The Other?
G 1: Sinceramente ci eravamo presi un anno sabbatico lontani dai palchi per scrivere del materiale nuovo. Però ci è arrivata questa chiamata per andare a San Pietroburgo e Mosca che ha fatto saltare i nostri propositi. Successivamente abbiamo saputo che eravamo di spalla ai The Other. Davvero una bella sorpresa.
Buz: Siamo pronti, gasati. Non sappiamo con certezza quello che dobbiamo aspettarci, a parte la vodka (ride, ndr). La grande incognita per noi sarà aprire i concerti di un gruppo di quel calibro. Oltre al gasamento c’è anche un pizzico di paura perché fondamentalmente non puoi sbagliare niente. Noi viviamo di ansia, abbiamo questi problemi. Sai poi, partire da un paese piccolo come Raiano e andare fino a Mosca, presunzione a parte, non è da tutti.
Progetti per il futuro, tralasciando per un attimo la tournée russa?
The Butcher (chitarra, cori): Stiamo continuando a scrivere pezzi, con non poca difficoltà, anche perché erano secoli che non lavoravamo su cose nuove. Ultimamente con l’arrivo di Thomas alla chitarra, stiamo ripescando brani scartati in precedenza, mettendoci in testa di rivedere canzoni vecchie di 4 o 5 anni. Noi siamo fatti così: ricicliamo.
Giovanni Panebianco
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