[INTERVISTA] NUJU: esce “Storie vere di una nave fantasma”
Manita Dischi firma questa nuova pubblicazione che sa di popolo e di rione, sa di tradizione balcanica, sa di tende e di pirati. Si intitola “Storie vere di una nave fantasma” e ci pare che questa nuova esperienza dei Nuju sia degna di una lode umana superiore alla media.
Mi ha sempre interessato come il profondo sud delle loro radici umane si mescolino al nord delle loro origini artistiche.
Bellissimo il lavoro grafico firmato dal grafico Lorenzo Menini.
Società fantasma?
Più che altro i Nuju ci parlano di morali fantasma, almeno questo arriva al sottoscritto.
Ci parlano di poteri fantasma, di trame carsiche che affiorano più avanti per decretarne il risultato.
Un po’ come una bomba che piove dal cielo e nessuno la vede, un po’ come gli sbarchi dei clandestini che appaiono a riva.
Un po’ come il Burattinaio che non lo vedi muovere i fili ma lo senti il peso che ha.
Danze spagnole, momenti circensi (come dicono anche molti altri) e la voce di Fabrizio Cariati non mente e non lascia spazio ad altro come anche le soluzioni di banjo o come anche il violino di Francesco Moneti (e chi se non il violino dei MCR avreste chiamato a disegnare questo genere?) o come anche ogni altra cosa che suona in questo lavoro.
E non importa se l’amore è corrisposto.
Parigi resterà sempre la città degli innamorati.
Un disco balcanico, folk nel vero senso della parola. Ma avete anche usato strumenti della tradizione o sbaglio?
I Nuju hanno sempre avuto delle contaminazioni world, già in passato alcuni dei nostri arrangiamenti vedevano protagonisti bouzouki, tamburelli e altri strumenti di diverse parti del mondo.
Questo disco, in particolare, è dichiaratamente folk e ha come base la musica che nasce dalla terra e dell’anima.
Così anche stavolta abbiamo utilizzato ottoni, violini, bouzouki greco, fisarmonica, ma anche l’organo hammond o i synth e le chitarre elettriche, perché al centro di tutto c’è la contaminazione, perché la nostra musica possa partire dal folk e spaziare fino al rock o alla dance e il reggae.
Poi una live band come la nostra deve fare i conti con lo spazio in furgone e, quando siamo in tour, dobbiamo ridurre la backline agli strumenti essenziali per la buona riuscita del live. Come detto, però, quando siamo in studio ci sbizzarriamo e chiamiamo sempre tanti strumentisti diversi per delle ospitate che arricchiscano le nostre canzoni.
Pirati sì, ma anche fantasmi. Chi sono gli uni e chi gli altri secondo voi?
Sono tutti sulla stessa barca, o meglio, navi.
Per noi sia i pirati che i fantasmi esistono e ci ricordano che nella vita c’è bisogno di non arrendersi mai.
Infatti i pirati sono tutti coloro che sono sempre all’assalto, per cercare di cambiare il mondo circostante, grande o piccolo che sia, mantenendosi liberi intellettualmente.
I fantasmi, invece, sono tutti quelli che hanno perso la vita, ma che con le loro piccole imprese quotidiane ci ricordano ciò che è giusto fare, che ci hanno lasciato una via da seguire.
Uomini e donne che con il loro esempio di coraggio hanno lasciato un segno nella nostra società e che meritano che la loro storia sia raccontata, come Anas Al Basha, il clown di Aleppo di cui abbiamo cantato in “Pagliaccio”.
D’altronde i fantasmi rimangono in mezzo a noi fino a quando c’è qualcuno che li ricorda, solo così non moriranno mai.
“Onde Radio”: che bella provocazione alla comunicazione musicale di oggi. Speranza o rassegnazione?
Speranza!
Sempre speranza.
Monicelli diceva che la speranza è una trappola, infatti ha deciso di terminare la propria vita suicidandosi, come dargli torto negli ultimi tempi.
Il significato vero di quella frase del grande regista, però, secondo noi è che hanno rubato il significato della parola, perché in momenti di crisi ci dicevano di avere speranza e poi ci prendevano per il culo.
Oggi media e uomini prestati alla politica riprendono parole e concetti importanti per tutti rendendoli una faccenda privata, mentre noi pensiamo che non bisogna mai rassegnarsi, anche se ci fanno credere che va tutto male.
“Onde radio” è una canzone sulla voglia di stare insieme, sulla voglia di trasmettere emozioni e sentimenti con la musica, come in un grande girotondo di bambini.
La canzone ha l’ambizione di ricordare la potenza della musica in quanto linguaggio universale, perché in grado di far festa a chiunque e dovunque, nonostante il clima di terrore di questi anni.
Pertanto c’è stata l’esigenza di scrivere un testo italo-inglese, arricchito e impreziosito dai flow e dallo slang salentino del mitico Cesko, degli Apres La Classe.
La curiosità di “Glück”: che lingua è?
“Glück” è un brano scritto è cantato in tedesco, una branoamaro che narra la storia di un emigrante che racconta ai suoi cari di cavarsela egregiamente in terra straniera, ma in realtà sta camuffando la verità; ci è sembrato naturale scriverlo e cantarlo interamente in tedesco.
Ci capita spesso di suonare in Germania ed è gratificante quando siamo compresi durante il live.
I Nuju oggi: come vi ponete nella scena indie che va di moda? Alle distorsioni e al cantautore elettronico, come rispondete?
La nuova scena indie ci interessa relativamente, perché il mondo della musica è vasto.
Per quel che ci riguarda sappiamo benissimo di appartenere ad un’altra generazione che non segue le mode del momento, perché il nostro cantautorato ha radici che affondano nel folk, sen’altro contaminato, ma non incline alle tendenze del momento.
Ultimamente comunque notiamo che tra musicisti e addetti ai lavori si parla spesso dell’argomento “musica indie”, perché in effetti dopo tanti anni alcuni gruppi provenienti da etichette indipendenti sono arrivati al grande successo di pubblico.
La domanda da porsi è se è il grande pubblico che si è interessato all’indie o e l’indie che è andato verso il gusto tipico del pop.
Secondo noi è più la seconda…
Crediamo, però, non ci sia niente di male, perché i Nuju rispettano, stimano e ascoltano tanti musicisti provenienti dalle scene più disparate.
Il vero problema, secondo noi, è un altro, che non esiste più un’alternativa.
Se anche le band che dovrebbe rispecchiare la protesta giovanile, la voglia di andare contro il sistema, ecc. sono diventate uguali al pop maintream, un giovane che ha voglia di ascoltare qualcosa di diverso cosa sceglie?
Forse la trap…
Questo comunque è un problema che riguarda tutta la società, dalla musica alla politica, che dovremmo provare a risolvere in qualche modo, perché senza alternative si è troppo omologati e si finisce come in qualche racconto di Bradbury.
Anche se la scena indie attuale ci interessa poco, siamo felici per alcuni artisti, come Cimini che ai suoi inizi è venuto spesso con noi dal vivo e con il quale abbiamo condiviso momenti belli e brutti, o alcune etichette, come Garrincha Dischi, che è stata fondata dal nostro chitarrista insieme all’attuale deus ex machina, Matteo.
Infine, per rispondere completamente alla domanda, noi non dobbiamo rispondere a nessuno, perché siamo convinti che ognuno debba seguire le proprie emozioni e sentimenti e cercare di metterle in musica per arrivare a più gente possibile che abbia voglia di condividerli.
I Nuju hanno delle storie vere di una nave fantasma da raccontare, da fare ballare e da fare ascoltare, e andranno ovunque per stare in mezzo alle persone.
duraniano
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