[INTERVISTA] “POST SHOCK”: nello spazio digitale di YATO
Stefano Mazzei, alias YATO, torna con una nuova autoproduzione che intitola “Post Shock” che tra l’altro chiude in tracklist con una versione remix di “Ormonauti” in cui troviamo la feat. di Dj. Bassound.
Un disco impegnativo sia dal punto di vista stilistico che testuale.
Dalle lunghe traversate visionarie dei brani strumentali come “Intro me” (bellissimo il gioco di parole) fino alle radici pop nostrane.
In mezzo, YATO apparentemente lascia accessibile ogni via di uscita dalle logiche restando comunque fedele ad una forma canzone assai italiana. “Post Shock” è un disco che vi consigliamo di ascoltare con dedizione e senza facili soluzioni di giudizio.
Dal singolo “Electro Hardcore” all’ultimo inedito in scaletta dal titolo “Post” ci sono almeno 3 generazioni a confronto.
Un secondo disco che nasce dalla campagna MusicRaiser. Come ti sei trovato?
Ho lavorato molto sulla campagna ed è stato molto faticoso proprio perché l’obiettivo principale è stato promuovere il progetto ancor prima di finanziarlo.
Infatti, anche se il portale ha inserito dei benefit, come possibili esibizioni live, ecc. penso che sarebbe una cosa bella se ampliassero proprio questi aspetti promozionali in modo da facilitare la divulgazione di una campagna del genere che ha un lato economico, da una parte, ma che funziona fondamentalmente come effetto di persone che iniziano ad ascoltare la tua musica, girano tra contenuti vari e, poi, proprio sulla scia di una scoperta e di un piacere personale possono sostenere il progetto.
Penso che un portale del genere dovrebbe, per quanto possibile, riportare tanto l’attenzione proprio verso i live: sono con quelli che un tempo un artista andava avanti e si faceva conoscere.
È in un live che respiri musica, ascolti davvero un progetto, ti emozioni e suggestioni, contrariamente dal seguire una hit del momento forte nei social!
È nei live che si conosce davvero gente dopo aver suonato, si parla, ci scambiamo contatti dopo essersi vissuti per una sera!
Mi sono trovato bene, niente di trascendentale, anche se credo che ci si possa trovare ancora meglio con una maggiore e buona implementazione di questi aspetti.
Suoni che dal ghetto di periferia si colorano di elettronica quasi berliniana. Come mai questo cocktail? Da dove nasce?
Dal desiderio di scrivere una musica desiderata, sognata, vissuta.
Nasce dagli angoli e dal sottobosco di quelle città che ho vissuto nei loro ambiti artistici e culturali.
Nasce dal fatto che per me la musica indipendente non è indie, se riduttivamente la si riporta ad un genere.
Sento che la voce è molto “sacrificata” in luogo di una grande produzione musicale. Quasi viene meno l’intelligibilità in molti momenti. Come mai?
Post Shock è un album ricco di sonorità, a tratti credo anche molto pervasive.
Entra a far parte di chi ascolta, in un amalgama vorticosa, un po’ come quel senso di “straniero” o di “estranea familiarità”.
Il titolo la dice lunga: poche parole, quanto meno subito dopo uno shock!
Nel disco ci sono infatti anche tre brani strumentali di cui due inediti ed un remix.
Un lavoro che si presenta così e che, forse, proprio anche rispetto la tua domanda, lascia “sacrificata” la voce e, aggiungo, parte della sua vocalità.
Un punto che può essere anche criticato proprio perché nell’album non metto in risalto certe caratteristiche vocali personali (timbriche, interpretative e virtuosistiche), ma questo è, nel bene e nel male, comunque scritto sulla scia d’un tratto, di un taglio, di un’intenzione, di una tendenza.
Eppure hai curato molto la componente testuale. Che canzoni sono queste nuove scritture di YATO?
“Post Shock “, ma anche molte delle canzoni di “Fuck Simile”, primo album del progetto, è una ricerca della forma canzone che esula dalla scrittura di un testo pop di natura più leggera così come da un cantautorato formal indie!
La mia scrittura della canzone nasce da un surround, da un’atmosfera, un po’ come la creta che prende forma da quei meravigliosi e sinuosi giri che compie.
Una ricerca delle parole che emergono dalle sonorità, non semplicemente un’idea di un giro piuttosto che un riff…ma da quello che un mood produce come effetto di parola, di senso e significati, di “racconto”.
Certo che alcuni dei testi, in particolar modo in questo ultimo lavoro, parlano di temi anche così umani come il “panico”, “gabbie di psicolabili” e “post” scritti male! …Quindi anche con una produzione che cerca qualcosa che non sia il classico parlar di sociale ma che sta dentro un’esperienza quotidiana e che, a volte, sentiamo anche così distante.
E’ un album che si lascia ballare mentre lo si ascolta ma che non ti fa “carne da macello” su un beat!
Perchè chiudere il disco con un remix che peschi dai tuoi esordi?
Perché questi ultimi due anni sono stati molto produttivi direi!
Il primo album è uscito ad inizio 2016 ed “Ormonauti”, il brano cui fai riferimento, ha rappresentato un po’ una svolta verso un beat ed una groovy molto più electro-dance!
È stato un brano che ho voluto rivoluzionare e portarlo con me in questa nuova avventura. Qualcosa dal passato resta e ritorna!
In chiusura vorrei sapere: quanta Italia resta ancora tra le corde di YATO?
Bè, l’Italia è nel cuore, è negli arrangiamenti.
Un electro Poprock, mi piace dire, dal sapore mediterraneo!
Quanta Italia c’era, nelle corde, dei grandi progetti italiani degli ultimi 20-25 anni, BlueV., Sub, ecc., prima che entrassero a far parte della cultura musicale diffusa e, quindi, riconosciuta anche come “Made in Italy”?
duraniano
Link utili: YATO