RECENSIONE: Carolina Da Siena – Klotho
L’ esordio sulla lunga distanza per la giovane cantautrice di Bisceglie, pluripremiata a livello emergente, si pone come anello mancante fra il cantautorato femminile underground, più per diritto di nascita che per altro, portato a compimento nelle versioni strategicamente più riuscite da Levante e Maria Antonietta ed un certo tipo di mainstream che ricorda l’ultimo ri-assestamento di Carmen Consoli all’interno di una scena apparentemente rock. Di questa componente sporca si percepisce appena un retrogusto che contamina un disco tutto sommato ordinato ed ordinario. Jacopo Andreini opta per una “produzione mobile” che a rigor di logica dovrebbe riuscire a dare all’operato di Carolina da Siena quel tanto agognato (anche sotto il punto di vista artistico) sapore folk che a conti fatti non viene praticamente mai raggiunto.
La componente testuale dell’intero album è abbastanza lineare e aggiunge poco a quanto già fatto non solo dal cantautorato femminile italiano, ma non approfondisce poi più di tanto la sua componente mistica ed esoterica, restando in quel mare di reminiscenze che portano inevitabilmente, tra le altre cose, alle ambientazioni dei Litfiba. Il fuoco come catalizzatore delle passioni più forti, l’incoerenza delle masse ed una distopia fin troppo narrativa per essere presa sul serio. Klotho è un disco arrangiato con coscienza e funzionalità. La produzione porta a casa la grande maggioranza dei pezzi senza rischiare praticamente nulla e sostanzialmente, fatta eccezione per un suono di rullante decisamente rivedibile, sbaglia poco o niente. Tuttavia la linearità riscontrabile in ogni brano, mista alla mancanza di un sound compatto e comune che accompagni ogni episodio del disco, porta Klotho a lasciare segnali troppo timidi del suo passaggio. Alla fine dei giochi resta un interessante timbro vocale e poco altro.
Volendo tralasciare l’aspetto prettamente legato all’originalità, latitanza non così importante per un debutto che inevitabilmente assume sembianze derivative nella maggior parte dei casi, preoccupa l’assenza di una direzione artistica onesta e coerente. Non si può trasformare una proposta fruibile e popolare per natura in qualcosa di ricercato e misterioso. A conti fatti il dualismo generato da questa ricerca forzata penalizza l’incedere del disco, che fa dell’ambiguità la propria regina incontrastata.
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Voto: (5,5 / 10)
Tracklist:
- Brucia
- Pezzi Di Gente
- Casa Mia
- Vorrei Che Tu Sentissi Questa Canzone
- Ci Stanno Uccidendo
- Forse No
- Piante Da Giardino
- Balla
- Notte
- Zona Morale Grigia
- Luci Spente Sui Perché