Recensione: La Pietra Lunare – s/t
Il progetto “post folk verista” La Pietra Lunare, come lo definiscono le sue due menti Gianni Caldararo e Duccio Del Matto, nasce da una costola dei Vestfalia’s Peace, formazione molisana attiva dal 1997 che ha saputo passare da esordi dark wave e synth pop ad un folk popolare ispirato alla “scuola” meridionale su suolo italico con l’album “Tra Mari, Pantani e Ponti Rotti…“. Questa commistione di folk, progressive e storie cantautorali che ci immergono nel rurale e canicolare Sud Italia ritorna anche in questo progetto collaterale dalla gestazione travagliata, ben cinque anni di lavoro per approdare finalmente, nel marzo di quest’anno, presso l’etichetta tedesca Lichterklang, che sceglie di osare con qualcosa di diverso rispetto ai soliti prodotti più duramente marziali ed industriali che sino ad ora ha proposto. Il CD esce in edizione limitata a 260 copie, e parallelamente è stato anche stampato l’EP “Il Passaggio Arboreo“, contenente tre tracce e limitato a sole 40 copie disponibili nell’edizione “box” dell’album.
Si parlava di post folk verista, etichettatura quanto mai azzeccata per descrivere il piglio musicale del duo molisano, nella cui opera d’esordio racchiude storie ed evocative immagini ispirate al Sud Italia a cavallo tra le due Guerre, ma anche quell’immaginario contadino che sfocia spesso nell’onirico olio su tela paesaggistico ed umano di scrittori come Tommaso Landolfi – al cui romanzo omonimo si ispira il progetto-, il più famoso Verga e i dimenticati Scotellaro, Jovine e Silone. Quei paesaggi agresti cotti dal sole, che vibrano come miraggi sotto l’effetto del calore, mentre le cicale riempiono l’aria con il loro canto assordante; vite contadine scandite da un rapporto morboso con la propria terra, creature abitudinarie che conoscono solo la fatica e l’importanza del rispetto per quei ritagli di terreno indispensabili alla vita; duri paesaggi bucolici dai misteri nascosti, qui svelati, almeno in parte, attraverso testi sentiti ed ispirati e musiche in bilico tra folk, progressive e cantautorato italico.
Così ad aprire questo spaccato fantastico quanto volgare è “Il Male Dell’Arco“, che già ci introduce agli ispirati e immaginifici testi del duo, con un Caldararo che si fa menestrello ardito su volteggi chitarristici e svolazzi di sassofono. Pensare ad un accostamento al cantato di Branduardi è cosa immediata, così come ci si ritrova a pensare agli Argine con un pezzo come “Che Fare?“, con i suoi arpeggi cristallini e il sinuoso violino malinconico creatori di ariosi arzigogoli sonori prontamente riportati sul duro acciottolato del nostro piccolo mondo rurale grazie ai campionamenti di un acceso litigio dialettale tra due comari. Con “Pane Nero” si introduce anche la controparte femminile del cantato, dama dal dolce timbro in piacevole contrasto con quello più giullaresco di Caldararo, per una storie d’amore ambientata in stagioni differenti verso il suo inevitabile inverno, tra selve chitarristiche e più vibranti e serrate ritmiche acustiche. “Gurù” si ispira invece all’omonimo personaggio del libro di Landolfi, ballata fantastico-bucolica galoppante su ritmiche à la Ianva o Egida Aurea, sul finale anche simile ai cari Vostok grazie al mesmerico sassofono accorpato ad arpeggi luminescenti, mentre “L’Uva Puttanella” ci propone uno struggente cantico di un popolano che ricorda malinconicamente la sua semplice vita agreste, stupenda nella sua semplicità e nelle piccole cose che offre durante le bollenti giornate assolate. Molto evocativa anche “Sangue Di Osterie“, con le sue storie di bettole, puzza di vino e botte.
La musica di questo concept su quel Sud dimenticato, o comunque sia rimasto racchiuso in sperduti paesini dell’entroterra che ancora oggi si godono la loro vita semplice qui tanto ben esaltata e mostrata tra racconti e composizioni eccellenti, è come un tuffo in quel passato atavico musical-popolare nostalgicamente rimembrato dal duo molisano, non proprio lasciato solo, come sempre succede nel genere folk, dove cameratismo e solidarietà tra progetti non manca mai. Sono infatti presenti contributi di diverse band dell’underground italiano, uniti qui in un grande abbraccio collettivo che innalza la qualità del lavoro a livelli sopraffini: Antonio Losenno dei Lupi Gladius ha suonato timpani, rullanti, piatti e tamburelli ne “Il Male dell’Arco”, “Che fare?”, “Pane Nero”, “Gurù” e “Battesimo di un somaro”; Davide Bruzzi degli Z.S.P. ha suonato la chitarra elettrica in “Che fare?”, “Pane Nero” e “Sangue D’Osterie”; Alessandro Cucurnia degli Antiqua Lunae ha invece suonato l’arpa celtica in “La Casa dei Vecchi” e il bouzouki in “Sangue d’Osterie”; Diego Banchero degli Egida Aurea, oltre a suonare il basso in “La Merica”, si è anche prodigato nel mastering dell’album. La lunga gestazione ha portato questi due artisti veterani a concepire un’opera prima vincente, che si abbevera dal passato ideologico e musicale, ma che è sempre attuale per chi, come tanti al giorno d’oggi, sogna un ritorno ad una vita semplice, fatta di soddisfazioni pratiche, contatto con la propria terra e stupore nelle piccole cose, che possono diventare spunti per storie fantastiche dal sapore magical-popolare, proprio come le dieci, indissolubili fotografie che compongono questo mosaico di un piccolo mondo antico nostalgicamente lontano, ma tangibile assaporando ogni singolo momento di quest’opera d’antan difficilmente dimenticabile.
Link Utili: Facebook / Lichterklang
Voto: (8,5 / 10)
Tracklist
- Il Male Dell’Arco
- Che Fare?
- Pane Nero
- Gurù
- L’Uva Puttanella
- La Casa Dei Vecchi
- Sangue D’Osterie
- La Merica
- Città Nascosta
- Battesimo Di Un Asino
Formazione
- Gianni Caldararo
- Duccio Del Matto