Hanno trasformato Richard Benson in Trucebaldazzi (o in Levante?)
Richard Benson è sempre stato una roba per pochi. Non ci si lasci ingannare dall’aspetto virale di qualche video su youtube. Si tratta sostanzialmente di views di gente che nel 99% dei casi guarda un signore che bestemmia e suona male. Per questo probabilmente è doveroso correggere l’incipit. Il “fenomeno Richard Benson” è sempre stato una roba per pochi.
Un’affermazione di questo tipo potrebbe sostanzialmente apparire elitaria e retorica, in pieno stile “ai tempi miei le cose si capivano“. In realtà esiste una piccola percentuale di casi in cui la retorica è necessaria e soprattutto esplicativa. Per chi non conoscesse l’iter dell’ultimo anno bensoniano è bene fare un riassunto semplice e valido ai fini della comprensione dell’argomento trattato:
Richard Benson annulla molte delle date previste per il 2014, probabilmente per problemi di salute (Isernia, Tipografia, ecc ecc.); Federico Zampaglione comincia a postare cose di Benson sul profilo dei Tiromancino; Federico Zampaglione, col fratello, decide di produrre un disco di Richard Benson; Federico Zampaglione, col fratello, gira un video per Richard Benson; la canzone, intitolata “I Nani“, esce per la Inritorino; il disco esce, sempre per la Inritorino, in anteprima su Rockit; uno showcase (svoltosi il 15 Giugno presso la Discoteca Laziale di Roma) presenta ufficialmente il disco; il 16 Giugno esce “L’inferno dei vivi“.
Senza starci troppo a riflettere quello che queste poche righe ci comunicano, in maniera nemmeno troppo implicita, è che Federico Zampaglione e suo fratello non hanno un cazzo da fare. Del resto se il tuo progetto principale sono i Tiromancino, tra il fare un disco di merda ogni 2/3 anni e qualche concerto sostanzialmente per milf bagnate, non hai troppi impegni. Uno spazietto per fare un altro disco di merda ce la fai a ritagliartelo insomma.
La prima associazione spontanea ed ingenua che ho fatto è stata questa: Zampaglione è un musicista romano, di quasi cinquant’anni. Avrà conosciuto Richard tanti anni fa. Probabilmente nutre nei suoi confronti una inevitabile simpatia e lo vuole aiutare a lasciarsi un disco alle spalle prima di morire. Plausibile no? Infondo se vuoi bene a Richard (come gliene voglio io e tutti quelli che fanno parte di un’altra generazione di fan) ci sta farsela prendere bene.
Il problema è che quando vedo Inritorino inevitabilmente cominciano a girarmi le palle. Inevitabilmente perché (e qui ci ricolleghiamo all’articolo di Maggio) è una di quelle etichette che sta sempre sbattuta su Rockit (che puntualmente ne elogia tutto, anche producessero merda e scoregge sarebbe uguale) a dire cosa è cool e cosa non è cool ascoltare a quella piaga che sono gli hipster di merda. Quali siano i precisi rapporti fra la Inri ed i Zampaglione non ci è dato saperlo con precisione. Alcune notizie frammentarie ci inducono a pensare che ci sia un qualche tipo di compartecipazione dei due fratelli. In realtà reperire informazioni di questo tipo è molto complesso e sbilanciarsi in ipotesi azzardate molto rischioso. La cosa che possiamo dire con certezza è che esiste una collaborazione rilevabile ma non misurabile.
Tra le produzioni della Inri spicca, manco a dirlo, Levante (ne abbiamo parlato marginalmente nell’articolo precedente). La storia strappalacrime della ragazza talentuosa col papà morto che si trasferisce a Torino, poi in Inghilterra dove viene sfruttata per musica a lei non congeniale (manco ci fossero i negrieri a Leeds), poi di nuovo a Torino dove trova la sua dimensione artistica proprio con la Inri, ce l’hanno raccontata diecimila volte. La verità è che a me continua a stare sul cazzo. Dal momento in cui la mia simpatia non può prescindere dai tuoi contenuti musicali puoi anche dirmi che vendi i dischi perché Cristo è sceso in terra e ha deciso che doveva andare così. A me continui a stare sulle palle, non per la musica che fai, ma perché non ti meriti quello che hai. Questo però è un altro discorso.
Lo snodo principale del ragionamento sta nell’iter promozionale del disco di Richard. Andiamo con ordine. La prima trovata della sfornafenomeniatavolino Inri è stata trasformare completamente l’immagine e l’immaginario Bensoniano. Richard Benson è sempre stato un personaggio borderline. In questa stessa definizione sta la differenza tra “comprensione” e semplice “derisione”. Mi spiego meglio:
non si tratta di un fenomeno esclusivamente trash; allo stesso modo non si ha a che fare con un genio o con una mente sostanzialmente incompresa. Negli anni 90 la Gialappa’s provò ad inserire Richard Benson all’interno del palinsesto. Come molti di voi ricorderanno Mai Dire Gol era solita mandare in onda clip di personaggi sostanzialmente bizzarri e divertenti. Fu un tentativo praticamente unico (nonostante Richard fornisse materiale settimanalmente). La ragione di questo fallimento è da ricercarsi proprio nella natura del personaggio. Non era qualcosa che si poteva semplicemente deridere.
In questo senso Richard Benson ha sempre difeso la barriera immaginaria che separa i fenomeni sostanzialmente trash dalle menti eccelse e spesso incomprese. Afferrato questo aspetto fondamentale si arriva a carpire l’essenza e la portata del fenomeno bensoniano sviluppatosi, ben prima di internet, in quel di Roma. Sostanzialmente aggregazione sociale ed un rapporto totalitario di amore/odio con i fan che erano arrivati a comprendere tutto questo. Restano quindi negli annali concerti e serate indimenticabili, per i presenti e non (non a caso i video con meno visualizzazioni su youtube). Veri e propri momenti di catarsi tragicomica collettiva che non possono essere ridotti ad un qualcosa di superficiale e meno complesso. Il rapporto col pubblico di Richard ha, per ovvie ragioni, cominciato un radicale mutamento con l’avvento di Internet (anche se questo fenomeno ha trovato totale compimento negli ultimi anni). Non è stata sicuramente la Inri a generare questa valanga. L’immediatezza del contenuto porta inevitabilmente ad una archiviazione superficiale di Richard in quella libreria dove ci sono tutte le schifezze di youtube. Ma questo accade in tantissimi ambiti e con tantissime cose. Il punto è che fino a questo momento nessuno (a parte Diprè con un maldestro tentativo) aveva provato a lucrarci sopra.
La Inri ha trasformato Benson in un transessuale che urla mostrando i pochi denti rimasti per dare annunci improbabili e sbiascicanti. Sbiascicanti perché Richard non sta bene. Ai problemi psicologici (peggiorati molto dal 2010 ad oggi) si sono aggiunti i malanni fisici che ne hanno minato seriamente la mobilità, riducendo il buon Riccardo ad una condizione di immobilità parziale permanente. Sia ben chiaro: non che prima il Benzoni non urlasse e non facesse schifo, a suo modo, ma qualunque fan ben informato arriva a cogliere le evidenti differenze che ci sono tra il presente e passato. Se per te non c’è differenza stai leggendo l’articolo sbagliato e puoi anche smettere.
Non so bene quanto e cosa abbiano promesso a Richard per rendersi complice di tutto questo. Sicuramente non è mai stato e mai sarà uno stupido. A prescindere dalle ragioni che ne hanno mosso le azioni, la sua resta una scelta, anche se non condivisibile, sicuramente comprensibile. Questa trasformazione porta però il fenomeno bensoniano sullo stesso piano di un Trucebaldazzi qualsiasi. Cosa che ha veramente poco a che vedere col personaggio di cui stiamo parlando. Quindi il primo punto è: aggiornare l’aspetto virale di Richard Benson ad una versione 2.0, più affabile e comprensibile: fenomeno trash x nel mare y. A questo punto il sentimento che muove il nuovo fan all’acquisto del disco è esattamente lo stesso che porta il 17enne alla serata di Gucci Boy. Va aggiunto che molti dei vecchi fan hanno, per ovvie ragioni sentimentali, acquistato comunque l’album. Pur essendosi macchiati di un certo tipo di superficialità vanno in ogni caso compresi. Al cuore non si comanda.
Il secondo punto è meno articolato ma più pratico e funzionale: una strategia di promozione consolidata. Sotto questo punto di vista “L’inferno dei vivi” ha seguito lo stesso iter che segue ogni disco della Inri. Caricamento sul canale youtube del video (assicurandosi che le visualizzazioni venissero spinte dall’aggiornamento 2.0 di cui abbiamo parlato), lancio del disco su Rockit e showcase di rilievo. Guardando le foto dell’evento si possono trovare diverse conferme. Età media del pubblico molto bassa. Stessa tipologia di foto che puoi farti con la donna barbuta al circo. Ingresso vincolato dall’acquisto del disco. Parlare di coincidenze o di percorso spontaneo in questo caso mi sembra veramente troppo.
Sulla carta il prodotto perfetto: spinto dai meccanismi dell’indiemerdaitaliano e basato sulla definizione più becera di trash. Qui torniamo all’inizio dell’articolo. È evidente che ciò che ha spinto i fratelli Zampaglione ha davvero poco a che fare con la simpatia o con la spontaneità. Qui si tratta di un giro di soldi che aumenterà la sua portata mese dopo mese. Sopratutto se si riuscirà a mettere in piedi il Circo Richard Benson. A cosa mi riferisco? Ai live. Inevitabilmente ci staranno pensando, anche se per ora non abbiamo conferme ufficiali. Sarà semplicissimo riempire di gente senza cervello i posti dove suonerà Richard. Magari distribuendo e vendendo all’ingresso, sullo stesso banchetto del merch, oggetti “approvati” per il lancio sul palco. Il passo che ci separa da questa eventualità è quantomai breve. Anche in questo caso è superfluo spiegare cosa ci sia di diverso fra i live del passato e quelli che sono destinati a venire. Parliamo di sommare mele e banane, come si diceva alle elementari.
Tra l’altro il disco è sostanzialmente brutto e non conserva nemmeno un po’ di quella spontaneità che ci ha fatto innamorare di Richard negli anni. Un’accozzaglia di frasi celebri decontestualizzate, svuotate e confezionate. Prodotto con Windows XP e Audacity riempie semplicemente lo spazio di un CD-ROM da vendere. Perché la Inri ci ricorda, come sempre, che non è importante quello c’è dentro il CD. Ma tutto quello che c’è intorno. Fa veramente male vedere un personaggio genuino ingabbiato e sfruttato in questo modo. Purtroppo quelli come me possono solo parlare al vento, sperando che qualcuno ascolti.