RECENSIONE: Paus – Clarão
I Paus sono un quartetto portoghese e ci propongono il loro secondo disco: Clarão.
La particolarità della band sta nella formazione: due batteristi (nei live, seduti uno di fronte all’altro) e due polistrumentisti che si alternano fra tastiera, chitarra e basso. Proprio per questo motivo l’asse portante dell’full-lenght sta nella ritmica: in primo piano ovviamente le batterie a trascinare il tutto che cambiano e segnano la strada di ogni singola track.
Clarão è una produzione psichedelica, soprattutto grazie alle costruzioni sonore delle tastiere, a tratti quasi tecno, il tutto accompagnato da linee vocali che sono per lo più cori di sottofondo alle tracks (in alcuni casi troviamo anche dei veri e propri testi, seppur in minima misura). Insomma un disco sicuramente d’avanguardia.
Il problema di questi album così sperimentali, sostanzialmente anche originali (in questo caso l’originalità è da ricercarsi nella genesi del song-writing) è quello di non fare sempre e comunque centro a livello empatico: Clarão manca di carisma, a tratti è quasi ripetitivo e l’ascolto tutto d’un fiato non è esattamente roba per chiunque.
Forse 10 brani non erano necessari per sviscerare la propria identità musicale, le proprie intenzioni: un’espressione più contenuta avrebbe probabilmente corrisposto un valore comunicativo più alto.
Voto: (2,5 / 5)
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Tracklist:
- Corta Vazas
- Bandeira Branca
- Pontimola
- No
- Clarão
- Ambiente de trabalho
- Cume
- Cauda Turca
- Primeira
- Negro
Formazione:
- Helio Morais
- Fabio Jevelim
- Joaquim Albergaria
- Makoto Yagyu