LIVE REPORT: Filippo Timi – “Il Don Giovanni”@Teatro Carignano
22 Marzo, Torino.
Come raccontare, o almeno far immaginare, lo splendore de “Il Don Giovanni” di Filippo Timi soltanto attraverso le mie parole? Sto infrangendo una delle poche, ma solide, verità della nostra esistenza: le cose non vanno raccontate, ma vissute. Vanno assaporate lentamente, lasciando che si sciolgano sulla punta della lingua, come un dolce cioccolatino. Che il buon Timi non se la prenda, la voglia di raccontare cosa è successo in quel pomeriggio di marzo sul palco del Carignano è troppo forte.
Lo spettacolo inizia con il tentato suicidio del Don, chiuso nella sua immensa e ricca camera da letto, sulle note della celeberrima “Vesti la giubba” cantata da Pavarotti. Si inizia con una fine: la fine del protagonista, del nostro Don Giovanni che non ha ancora proferito parola. E’ stanco della sua vita, di questo personaggio che è costretto a recitare ogni giorno e che, inevitabilmente, lo divora dentro. L’unica soluzione è farla finita . Colpito a morte dalle parole del tenore emiliano “Sei tu forse un uom? Tu se’pagliaccio!” si lascia cadere sul suo letto a forma di croce. Ma quella che sembrava una fine, in realtà si rivela essere un inizio: irrompe sul palco il servo di Don Giovanni, il giovane Leporello, che intima il proprio padrone a fuggire se non vuole essere ucciso dai mariti e i padri delle fanciulle che ha sedotto la sera precendente. Lo spettacolo ha inizio, e Don Giovanni lo sa. Si scrolla di dosso i pensieri e i tormenti della sera e indossa, come ogni giorno, i panni del suo personaggio (“Vesti la giubba e la faccia infarina. La gente paga, e rider vuol qua”). Il motore della sua intera esistenza è la seduzione, una forza che lo spinge ad agire e a non pensare. Lui è incanto, splendore, attrazione (come gli abiti che indossa durante tutto lo spettacolo, esagerati e brillanti), seduce e conquista chiunque gli capiti davanti. L’amore è come respirare: è automatico, quasi meccanico. Per Don Giovanni l’amore è ossigeno.
La sua vita è scandita dal vizio, è un peccatore, un diavolo tentatore: strega e ammalia chiunque abbia davanti, lo confonde, lo incanta con le sue parole, ma soprattutto gli rivoluziona l’intera esistenza. Sarebbe impossibile, ma soprattutto noioso per voi che state leggendo, prendere in esame ogni singolo esempio, ed è per questo che mi concentrerò su un’unica figura, quella di Zerlina.
Zerlina, interpretata da una splendida Marina Rocco, è una donna semplice, ingenua, che non ha avuto la fortuna di studiare e conoscere il mondo. Sembra quasi che la sua vita sia già stata scritta: servire qualcun altro e sposare l’ottuso e rozzo Masetto. Zerlina vive la propria vita senza esserne la protagonista, accetta di buon grado tutto ciò che l’esistenza le getta con prepotenza davanti. Non vuole diventare una principessa come tutte le bambine del mondo, ma vorrebbe essere Gesù bambino: racconta che da piccolina aveva interpretato il ruolo del bambinello durante una recita scolastica. In un momento di estrema intimità, rivela a Don Giovanni, ma soprattutto a se stessa, che quello è stato l’unico momento della sua viva in cui si è sentita davvero amata. E’ una donna insoddisfatta dall’amore, dal sesso e dalla vita. Ma l’incontro con Don Giovanni la trasformerà completamente: si affaccia per la prima volta al desiderio e al piacere. Conosce un mondo che prima le era sconosciuto e che la porta a non esserne mai sazia, proprio come la cioccolata che Don Giovanni le offre durante il loro primo incontro.
Zerlina è una figura che si evolve, si emancipa: capisce finalmente cosa vuole e soprattutto cosa non vuole dalla vita, prende coscienza di sé. Zerlina diventerà parte attiva all’interno della relazione con Masetto, avrà voce, deciderà per se stessa. E se il suo compagno non dovesse capirla, poco importa, lei sarà in grado di sopravvivere anche senza un principe al suo fianco.
Don Giovanni ,in un modo o nell’altro, stravolge la vita dei personaggi e li spinge a comprendere quanto questa vita sia breve. “La vita è un abuso, mai un diritto”: Crediamo quasi ingenuamente che la vita sia un diritto inalienabile, che spetti a tutti, ma non è così: soltanto chi riesce a dargli un significato, un proprio significato, ha davvero diritto a viverla. Chi non riesce, non fa che abusarne. Ed è per questo, solo per questo, che Don Giovanni deciderà di non pentirsi davanti a Satana e alle fiamme dell’inferno.
“Il Don Giovanni” di Filippo Timi affascina, turba, diverte e fa pensare. E forse, perché no, fa persino innamorare.