INTERVISTA: Incomodo
Abbiamo intervistato gli Incomodo, interessante band emergente salentina. Il sound degli Incomodo è caratterizzato da una spiccata varietà stilistica. La band è reduce dal debut album “Un po’ di silenzio” (2013) e dal primo videoclip “Sensi di colpa“, pubblicato poche settimane fa. Ecco cosa ne è venuto fuori.
Un album d’esordio è sempre un passo importante per una band emergente. Come è nato il vostro progetto e come è cambiata la vostra vita da “musicisti” dopo questo traguardo?
La band è nata alla fine 2007 ma sarebbe meglio dire che in quell’anno Federico si è messo a cercare musicisti per formare la band che sarebbe divenuta Incomodo. Ed è giusto precisare che non ci è riuscito subito, infatti solo nel 2013 abbiamo registrato il primo album e si è arrivati alla formazione attuale. Precedentemente abbiamo buttato giù solo qualche demo e alcuni live. La band si può quindi considerare effettivamente attiva dal 2013. Dopo l’incisione dell’album la nostra vita da musicisti sicuramente ha subito un’evoluzione ma non credo sia dovuto soltanto al fatto di aver inciso un album, credo sia legata più che altro alla volontà di ogni singolo componente di usare questo primo lavoro come rampa di lancio verso nuove esperienze e miscugli sonori.
“Un po’ di silenzio” è il singolo che dà il nome al vostro album. Parlateci di questa traccia.
Un po’ di silenzio è un invito a ridurre il rumore che c’è dietro ogni cosa. Come se ogni gesto quotidiano e ogni rapporto umano fosse pieno di contorni inutili e formalità che in qualche modo impediscono o rendono difficile lo svolgimento dell’atto pratico, di ciò che conta. In un certo senso, rappresenta la linea guida del modo in cui vogliamo che la nostra musica arrivi al nostro pubblico: diretta e portando nella testa dell’ascoltatore l’essenza di quello che abbiamo da dire, priva appunto di rumori inutili e che non fanno altro che creare confusione.
Il vostro album è denso di diverse atmosfere musicali che si intrecciano tra loro: si passa dall’Alternative Rock anni’90, al punk crossover, fino al metal con qualche rimando al blues. La sperimentazione è un pregio per una band emergente, ma molto spesso può trasformarsi in un difetto: il prodotto finale corre il grave rischio di diventare confuso e caotico. Come vi ponete di fronte a questo interrogativo?
L’album è stato completato nel 2013 ma contiene brani che sono stati composti nel periodo che va dal 2007 al 2012: è probabilmente questo il motivo per cui il sound del disco risulta particolarmente vario. Ogni brano descrive sensazioni e stati d’animo differenti, e ciò si ripercuote inevitabilmente sulla dinamica e sull’intensità delle composizioni. Personalmente, crediamo che un album con una varietà espressiva sia più interessante di un album con uno stile troppo ricorrente.
Come nasce una vostra canzone? Come trovate l’ispirazione?
In genere una canzone nasce da un riff di chitarra che qualcuno di noi porta in sala prove (in genere si parte da una strofa e un ritornello) poi viene costruita tutta la canzone intorno a questi giri “primordiali” di chitarra.
A volte può nascere da un sample di batteria come per esempio Miyagi’s little tree, anche se ciò non accade spesso. Una cosa è certa: ci accorgiamo subito quando l’idea su cui lavorare è valida, dal momento che, come diciamo noi “Ci prende subito bene!”. Per quanto riguarda l’ispirazione beh, viene da sola quando vuole, ed è importante in quel momento sedersi, scrivere o comporre altrimenti va via e non torna più.
“Un po’ di silenzio” contiene 11 tracce scritte interamente in italiano, tranne l’ultimo brano “Miyagi’s little tree” cantata in inglese. Che importanza ha la lingua italiana nei vostri testi?
La lingua italiana si rivela spesso molto complicata quando si cerca di scrivere un testo e di adattarlo a una linea melodica già esistente: è proprio questa la parte affascinante della composizione del testo. Inoltre crediamo che sia più semplice, ma anche più espressivo, esprimerci nella nostra lingua madre piuttosto che in inglese.
“Mescalina” è uno dei pezzi più interessanti ed energici dell’album. Parlateci del vostro “Dio disabile”.
Il “Dio disabile” di cui parliamo nel brano incarna un’entità che ogni uomo cerca quando giunge a desiderare che la sua vita, le sue scelte e il suo futuro non siano influenzate da nulla se non dal suo pensiero. Il ripetersi ostinato per tutta la durata del brano di questo desiderio di libertà sta proprio a rappresentare come l’uomo senta al suo interno il forte e incessante desiderio di liberarsi dai condizionamenti esterni. Ci riuscirà?
L’album è stato registrato e distribuito da tempo, ma se ne avreste la possibilità, cambiereste qualcosa al suo interno?
Indietro non si torna, mai! Al più si guarda in avanti imparando da ieri. Si potrebbero cambiare molte cose di questo nostro lavoro, ma è una fotografia del passato a cui siamo legati. Quello che di nuovo abbiamo imparato, lo vedrete nel prossimo lavoro.
E’ appena uscito il video ufficiale del brano “Sensi di Colpa”. Perché pubblicarlo solo ora quando l’album è stato distribuito nel 2013?
Il videoclip è uno strumento che può dare uno slancio importante alla pubblicità di un prodotto. Molte persone non avevano mai sentito parlare di Incomodo e stanno scoprendo la nostra musica grazie alla diffusione del video. È vero, in genere l’uscita di un videoclip anticipa o è contestuale all’uscita di un album, ma ciò funziona principalmente se sei una band che ha già maturato un certo seguito. Per la nostra promozione, abbiamo deciso di procedere poco per volta.
“Un po’ di silenzio” ha avuto un interessante riscontro che l’ha portato ad essere recensito da diversi magazine musicali. Qual è il vostro rapporto con la critica?
Autocritica è la parola chiave se si vuole crescere, quale che sia la strada che si decide di intraprendere e, per una band emergente, è sempre importante il parere di chiunque impieghi il suo tempo per ascoltare lavori inediti. Dall’altro lato della medaglia, la critica musicale è solo un parere, e può capitare che provenga da recensori improvvisati. La parte più difficile è quella di saper cogliere il meglio da ogni commento, mediando i commenti eccessivamente positivi e quelli ingiustamente offensivi.
Ascoltate il panorama musicale emergente italiano? Cosa ne pensate, quali sono le vostre aspettative?
Sì, ci capita spesso di ascoltare altra musica emergente. La prima cosa che penso è che siamo davvero tanti a suonare. Molti emergenti sono in grado di sorprenderci e meritano davvero. Per il resto auguriamo a tutti i nostri colleghi “buona musica” e di proseguire per il loro percorso con determinazione e umiltà. Ecco, questa è la nostra “aspettativa”.