RECENSIONE: Lia Fail – Cynical Stones
Questo LP d’esordio dei bolognesi Lia Fail (irlandese per “pietra del destino”) vede la luce nel 2012, sicuramente presagito da un’intensa e laboriosa attività su più fronti. Dopo alcune partecipazioni a differenti compilation (si vuole ricordare qui la più recente “Gaderung”, risalente al 2013, messa assieme dalla tedesca Radio Body Music e consistente in un tributo in 32 cover al lavoro di Patrick Leagas e il suo act 6 Comm), un EP nel 2007 ed un singolo nel 2009, i Nostri si barcamenano anche in un’intensa attività al di fuori dello studio di registrazione, affiancando, nell’ambito di diversi concerti, gruppi del calibro di Ordo Rosario Equilibrio, Spiritual Front, Sol Invictus, ed anche il progetto electroclash di Tying Tiffany. Forti di cotanta esperienza maturata in anni di passione e voglia di fare, l’ensamble bolognese approda finalmente al tanto agognato esordio sulla lunga durata, affidandosi alla romana Three Legged Cat e al contributo di Cristiano Santini (ex cantante dei Disciplinatha) al missaggio e alla registrazione e a quello di Saverio Tesolato e Simone Montanari degli Autunna Et Sa Rose, il primo con il suo fondamentale lavoro di arrangiamenti e la presenza salvifica del pianoforte, il secondo al violoncello.
Il lavoro raccoglie tutti quei pezzi che potevano essere ascoltati nei lavori precedenti e ne aggiunge di nuovi. Il CD è confezionato secondo il formato “digfile”, che ricorda gli album in vinile. Due ante cartonate apribili, una di esse contenente il libretto con foto e credits e l’altra contenente il CD. A capeggiare su tutta la confezione sono le statue senza volto che affollano il Parco Pasolini di Bologna, inquietanti silhouettes simil-umane che stagliano il loro pallido grigiore su di uno sfondo verde che smorza l’impatto iniziale con i loro volti senza lineamenti, ma pur sempre indagatori ed espressivi.
Il pregio dell’album è il fatto di non essersi lasciato influenzare troppo dai classici del genere, ma di aver trovato un’identità multiforme vincente. Il piglio rimanda sicuramente a storici ensamble della penisola (Argine, Corde Oblique, Egida Aurea) e, come questi ultimi, si tratta di un piglio eccellente nella qualità e nella messa in atto della loro idea di musica. Come molti rappresentanti del genere nel Bel Paese, anche i Lia Fail puntano sulla bravura e sulla complicatezza compositiva, cosa non sempre facile ma qui tranquillamente raggiunta vista la mole di esperienze che i bolognesi già avevano sulle spalle. Un’intro come “Restless Eyes” produce da subito un’esplosione d’insieme dove si imparano a conoscere i diversi componenti e i loro ruoli all’interno del gruppo: la calda voce di Andrea Carboni duetta poeticamente con quella dolce ma decisa di Sabella Spiga, mentre la corrente folk che li sostiene ondeggia sugli accordi di Edoardo Franco, sul bel violino di Willj Amadori e sul connubio basso-batteria, il primo di scuola new wave e suonato da Nico Solìto, la seconda precisa e potente grazie ai dodici microfoni usati per registrarla e all’abilità polimorfica di Giuseppe Sansolino, capace di adattarsi a qualsiasi necessità percussiva. Un’apertura che già vede quasi tutti i personaggi in scena, tra virtuosismi che si agganciano ad una base più statica ma incalzante. Sulla stessa falsariga del primo contributo si annoverano poi pezzi come “Just A Breath”, con protagonisti sempre la base incisiva di basso-batteria e le svirgolate da brivido del violino che sostengono la voce mesmerica di Carboni, precisa, profonda, tristemente emozionante, e “Battelfield”, ballata in punta di archetto ancorata alle solide percussioni ben ritmate e alla voce stavolta profonda del cantante che si fa narratore delle vicende di un animo in pena. Non mancano però anche amalgame più azzardate come in “Lonely Anguish”, arioso collage di suoni differenti, che vanno dalla durezza del basso e delle percussioni alla leggerezza del cantato e del flauto traverso di Carboni. Il tutto ha uno stampo rockeggiante, intriso però di una componente folk grazie alla presenza del flauto e al perfetto duetto intrecciato dei due cantati, o ancora “New Dimension”, nella quale entra in scena un altro degli elementi fondamentali di questo album d’esordio dalle sonorità esperte: quel pianoforte melanconico, con i suoi tasti che si rincorrono sotto la pioggia ritmica e al solito duetto dei due cantanti, ognuno al posto giusto, ognuno rispettoso dell’altro, ognuno messaggero di una sensazione diversa che le proprie corde vocali suscitano. Non mancano momenti di respiro più distesi e meno incisivi, come si può ascoltare in quella sorta di intramezzi che sono “Like A Star” e “In This Square”, la prima che respira e si crogiola sonnolenta tra sprizzi chitarristici e il melancolico flauto, sui quali si staglia potente e triste la voce impeccabile della Spiga in un risultato alquanto medievaleggiante, la seconda brillante tra gli echi del sempre evocativo piano di Tesolato e del basso timbro della cantante, che non disdegna neanche stavolta di abbracciarsi a più riprese con l’espressività più grave di Carboni. Speciale menzione va a “Leipzig”, con una base quasi dark wave acuita dal basso e dalle percussioni assemblate in un oscuro abbraccio ai respiri di violoncello, prontamente trasformati in pseudo marzialismi sui quali volano a braccetto le voci così perfettamente diverse dei due cantanti, che si dividono e si riprendono abilmente creando atmosfere in bilico tra il timbro marziale di lui e quello più neoclassico di lei.
Il risultato d’insieme scorre senza interruzioni come un fiume in piena dai mille rigagnoli: non c’è stasi, ma continuo divenire, continuo sperimentare tra generi, un’alchimia infinita di basi potenti di stampo new wave, rock e prog sulla solidità delle quali riescono ad adagiarsi abilmente elementi più leggiadri come la chitarra od il grande protagonista di certi pezzi, il violino. Ma l’anima vera, un’unica, grande figura che si staglia sopra tutto e tutti, è la bifronte creatura concepita dal legame indissolubile delle due voci. La vibrante e imponente tristezza della voce maschile si rincorre, trova, abbraccia, lascia e riprende ancora quella dolce-amara della controparte femminile, un rimpiattino rispettoso e mai invasivo tra granitiche costruzioni musicate ad arte, fino all’incontro finale con “Lost In The Wind”, il perfetto e definitivo connubio tra i due mondi, quell’atto di procreazione di un ibrido fatto di passione inarrivabile per la propria musica e per ciò a cui si è arrivati con un album importante sia per la band stessa che per la scena musicale italiana. Forti della propria convinzione e tenacia, i Lia Fail propongono un suono fulgido, solido ed emotivamente espressivo, come ciniche pietre che volti non hanno, ma che mille forme possono assumere.
Lorenzo Nobili
Voto: (8 / 10)
Il seguente video mostra la band al lavoro nello studio di registrazione durante la creazione di “Cynical Stones”.
Tracklist:
- Restless Eyes
- Lonely Anguish
- New Dimension
- Like A Star
- Just A Breath
- Liepzig
- In This Square
- Battlefield
- Lost In The Wind
- A Soldier…
Formazione:
- Andrea Carboni – Voce, Flauto Traverso
- Sabella Spiga – Voce
- Edoardo Franco – Chitarre
- Nico Solìto – basso
- Giuseppe Sansolino – batteria, percussioni
- Willj Amadori – violino
Partecipano all’album:
- Saverio Tesolato – pianoforte
- Simone Montanari – violoncello