FILM DEL GIORNO: La mia classe
Oggi parliamo di un film particolare. Uno di quei film proiettati in pochissime sale, in cinema sperduti e quasi impossibili da raggiungere. Uno di quei film che scopri per caso, per errore, per sentito dire, uno di quei film che a stento vengono pubblicizzati.
E’ “La mia classe” del regista Daniele Gaglianone. E’ la storia di un professore, interpretato dall’impeccabile Valerio Mastrandrea, che insegna lingua italiana agli stranieri venuti in Italia per cercare un lavoro. E’ una classe eterogenea, complessa, ogni persona ha un percorso di vita diverso, una storia alle spalle che a volte pesa come un macigno. Si intravedono nei loro sguardi le preoccupazioni, i pensieri, i ricordi, le angosce che vengono celate dal loro immancabile sorriso spontaneo.
E’ un film però che non si limita a raccontare una storia buttata giù su un foglio, è una storia reale e si evolve durante tutto il film. Gli attori sono persone comuni, uomini e donne che vivono a Roma. Sono immigrati che ogni giorno combattono concretamente per avere una dignità in questo benedetto stivale, costretti a lavorare per due euro all’ora per poter avere almeno 300 euro a fine mese. “E che ci fai? Sempre meglio che non averli!”. Sono prigionieri della burocrazia italiana che a stento lascia respirare, dove per avere un permesso di soggiorno possono anche passare degli anni, dove si vive costantemente con la paura di essere rispediti nel proprio paese; un paese sconvolto dalla guerra, un paese dove sai già di non avere un futuro. Sono egiziani, ucraini, iraniali, brasiliani.
Il regista Gaglianone, recuperando quelle briciole di neorealismo che rimangono, vuole raccontare una storia vera. Non bisogna però dare la realtà per scontata. Ed è proprio la cruda realtà che squarcia il velo della finzione cinematografica. Durante le riprese a uno degli attori scade il permesso di soggiorno: non ha più le carte in regola per rimanere in Italia, diventa immediatamente clandestino. Cosa si fa con il film, si continua a girare? Si sospende il lavoro?
Questo avvenimento è troppo forte per rimanere escluso dal film e Gaglianone decide di continuare a girare, appare nella scena, rassicura tutti gli altri. Mastrandrea si spoglia dagli abiti dell’insegnante e cerca di capire come risolvere la situazione. “Che motivo c’è di raccontare questa storia?” interviene uno degli attori “Perchè raccontarla se non esiste una soluzione, perchè parlarne se voi stessi non potete intervenire? Siamo destinati a vivere come animali e riportati nel nostro paese senza passare dal via!” Cosa cambia raccontarla, qui rimarrà tutto uguale, tutto maledettamente sbagliato.
Gaglianone, insieme a tutti gli altri, decide però di continuare, almeno per dar luce a questa realtà nascosta, filtrata, non raccontata, a malapena bisbigliata. Ci si sente come dei traditori, accogliamo gli stranieri ma di fronte a queste situazioni rimaniamo inevitabilmente inermi, immobili poichè sappiamo che il nostro intervento sarebbe inutile, non conterebbe nulla.
E’ un film duro, è un cazzotto nello stomaco, lascia storditi e confusi. Una boccata d’aria fresca all’uscita del cinema non migliora certo la situazione, si sente un peso addosso che si porta fino a casa e lascia perplessi per un po’.
E’ un film diverso da tutti gli altri, che sconvolge, che spezza il fiato. Ti costringe a conoscere, sbattendotelo direttamente in faccia, quel lato del mondo che spesso si fa finta di non vedere.