LIVE REPORT: Antonio Rezza @Teatro Astra (TO), 16 novembre.
Se pensate di vedere uno spettacolo normale vi sbagliate di grosso. Dimenticate le ricche scenografie, scordatevi di vedere più attori sulla scena, demolite ogni idea che vi siete fatti sul teatro.
Fratto X, spettacolo di Antonio Rezza, è tutto tranne la comune convenzione.
Una volta entrato in platea capisci già che qualcosa non va. Il palco è completamente vuoto. Neanche una sedia o un tavolino tanto caro a Cechov, manco a pagarlo. Che fai? Ti accomodi e aspetti.
Ecco che da una quinta vedi sbucare una macchinina telecomandata con in cima un palloncino bianco. Cos’è? E’ uno scherzo, è chiaramente uno scherzo. Pensate davvero che io ci caschi? Tenti di scorgere nel buio lo sguardo degli altri spettatori, come per cercare una rassicurazione o almeno un conforto. La macchinina sfreccia al centro del palcoscenico e inizia a girare su se stessa senza tregua. Per interi minuti la scena non cambia. In quel momento non sai se ridere o cominciare a picchiettare nervosamente le dita sulle ginocchia. Sono minuti inesorabili e infiniti, li senti pesanti come un macigno sullo stomaco. Ecco che dall’altra quinta, senza alcun preavviso, appare una nuova figura che difficilmente riterresti umana: alta, quasi scheletrica con lineamenti duri del viso. E’ anche lui una macchina, ne sei sicuro, non può essere un uomo. Con un ago in mano si avventa sul povero palloncino facendolo scoppiare rovinosamente. Soddisfatto si rivolge al pubblico dicendo: “La spensieratezza va stroncata sul nascere!”
BOOOOOM! Ecco, sei lì, intrappolato in quel piccolo teatro senza alcuna via di fuga. Lo sai che ormai le porte sono chiuse, sbarrate. In quel terribile momento comincia a ronzarti un pensiero in testa: sei prigioniero di Rezza! Rassegnati! Cosa fai, ti agiti sulla tua piccola poltrona? Che sciocco! Ma in fondo che vuoi, l’hai voluto tu!
Inizia lo spettacolo e la scenografia comincia a prendere forma. Bastano soltanto due lenzuola che vengono tirate e incrociate, formando una grande X al centro del palco. E’ tutto quello che serve a Rezza. Gli oggetti sono inutili, del tutto ingombranti, l’unico oggetto che utilizza è il proprio corpo. Nascondendosi tra i teli della scenografia cambia aspetto, si deforma, non distingui più la sua figura umana. Il palco diventa habitat da esplorare. Piano piano nascono dei personaggi l’uno diverso dall’altro, uno più mostruoso dell’altro. Non c’è alcun personaggio di cui innamorarsi oppure odiare, Rezza non te lo permette. In Fratto X non c’è trama, non c’è nessuna storia da seguire o comprendere, si susseguono situazioni e figure tutte diverse con una rapidità disarmante. Vengono messe a fuoco questioni di tutti i giorni: la famiglia come prima prigione dell’essere umano, l’ansia, l’ipocrisia nella relazione di coppia, l’egoismo dell’individuo. “E certo, queste sono cose vecchie come il cucco,trite e ritrite, ancora a sbandierarle come novità?”. Sta’ zitto e ascoltami!
Rezza con la sua abilità trasforma questi episodi sotto i tuoi occhi, li disumanizza, li storpia. L’unica maniera per combatterlo è ridere, ridere a crepapelle come per dire: “No, ti sbagli di grosso, quello non sono io! Quello è un mostro, non sono io!” Ma in realtà anche se carica i suoi personaggi portandoli a situazioni inverosimili e surreali, capisci che si sta riferendo proprio a te, tu omuncolo pieno di angosce e occasioni perse. Sei tu sul palco, perchè non vuoi riconoscerti?
L’unica tua arma a disposizione è la risata, è l’unico strumento che ti rimane per allontanarti e fuggire da lui.
Si riaccendono le luci, lo spettacolo è terminato. Cosa è successo? Ti alzi un po’ frastornato, cerchi di capire e mettere insieme le idee, chiedendoti: “Aspetta, cosa ho visto?”. Cosa importa, finalmente sei libero, puoi tornare nel mondo reale grazie a Dio. Ma qualcosa Rezza si è portato via, probabilmete quella spensieratezza che avevi prima di entrare, l’ha fatta scoppiare come il palloncino bianco dell’inizio.
E’ questo Antonio Rezza, prendere o lasciare. E sinceramente lo terrei stretto e non lo farei scappare.