RECENSIONE: Working Progress – Live in Studio
I Working Progress sono un trio, o meglio lo erano.
La band che vi presentiamo non c’è più ma tranquilli, non riesumeremo nessun cadavere. Quello che vogliamo fare oggi è presentarvi un valido progetto di ieri, un piccolo sogno in tempi dispari.
Con quattro brani live in studio l’omonimo ep dei Working Progress esce nel 2011.
Rabbo, Mich e Mux (per la cronaca: Raffaele Scogna, Michele Ricci e Daniele Capuzzi) fanno il loro ultimo anno di liceo e si sente.
Storie di viaggi verso il mare per andare a registrare, sale prove sporche da impazzire, qualche concerto e tante sigarette; a 18 anni sogni più forte e in questi brani c’è davvero tanta creatività. Chitarra, tastiere e batteria sono al servizio di un mondo imprevedibile dove le atmosfere sono sempre diverse e non hanno niente a che vedere con il rock n’ roll sgangherato che vi aspettereste da una band di adolescenti.
E’ per questo che ne parliamo, perché è un progetto coraggioso quello di suonare progressive rock, non ci si può cullare su facili soluzioni ritmiche né su modelli semplici da imitare (sono “prog” i Dream Theater, per dire) insomma ti devi inventare qualcosa o non ne esci.
Un bel sinonimo di “sognare ad occhi aperti” è far castelli per aria, è un mondo un po’ epico quello del progressive con milioni di scale, merlature e tranelli, è quindi lecito parlare di castelli che in questo caso ci sono eccome. Castelli di note, di virtuosismi e progressioni, c’è il vigore di quando sogni di potercela davvero fare, di voler andare via di casa, ci sono le idee non intaccate da nessuna costruzione, da nessuna tecnica e da nessun pregiudizio. Idee nude e crude, quelle che insomma andrebbero prese davvero sul serio ma, in un mondo dove si suona ciò che “va “, puntare su un progetto originale può essere rischioso. In questo caso forse ne sarebbe valsa la pena proprio per la particolarità del genere, forse ci sarebbe stato bisogno del tempo di crederci un po’ di più e dei mezzi per tornare in sala e registrare daccapo.
Che il missaggio non sia uno dei migliori e che i brani sono troppo lunghi va detto. Purtroppo i suoni sono assemblati davvero male e la produzione danneggia l’intera band, di idee però ce ne sono tante, bisognerebbe solo prenderle di nuovo in mano e ri-assemblarle; certo non è semplice, anche perché la band oggi non suona più.
Se volete un consiglio prendete i brani di questo ep come dei flussi di coscienza, usateli per togliere le ragnatele alle vostre cuffiette inebetite dai soliti quattro quarti o per immaginare “come sarebbe stato se..” ma ascoltateli perché sono pieni di sogni, di forza e di idee (nuove!).
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Voto: (3,5 / 5)
Tracklist:
- Intro
- Who has got bread has no teeth
– Start
-Arcade games
-Game over - P.C.E.O
- P.C.E.O (PART 2)
Formazione:
Mich – chitarra
Mux – batteria
Rabbo – tastiera
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