LIBRO DEL GIORNO: Jack Frusciante è uscito dal gruppo – Enrico Brizzi
«A quanto pare qui va la parte che vuoi sia nascosta«Comunque, i Red Hot Chili Peppers prima avevano alla chitarra tale Hillel Slovak, attualmente morto, a cui era dedicato Mother’s Milk, e proprio quella mattina il nostro roccioso aveva letto su Vox che anche Jack Frusciante era uscito dal gruppo, adesso.
Jack Frusciante era stato il nuovo chitarrista della band, per un paio d’anni. Era un tipo magro e muscoloso, sul metro e settanta. Vale a dire un autentico tappo, in confronto ai compagni, alias dei classici armadi da spiaggia californiana. Comunque, aveva acconciature memorabili, lui, taglio a caschetto primi Beatles o testa rasata con un gran ciuffo fin sugli occhi, perennemente in braghe skate e scarpe da playground. Era sempre rimasto un po’ in ombra rispetto agli altri del complesso, poiché il palco dei Red Hot veniva monopolizzato da Anthony, il vocalist, e dal più che coreografico bassista Flea […].
Non era esattamente un chitarrista di grande talento, il vecchio Frusciante, però faceva quel che doveva fare, si muoveva nel sound elettrico e liquido della band senza alzare mai gli occhi, senza fissare la telecamera con aria allucinata come faceva Flea.[…]. E adesso, in modo assolutamente inspiegabile, il vecchio Frusciante aveva abbandonato il gruppo. Adesso che non si trattava più di suonare per due lire nei club di Hollywood o ai festival underground, adesso piovevano soldi a palate ed era in corso il tour mondiale. Adesso che arrivavano il disco d’oro, i Grammy Awards, la fama e la sicurezza, lui se n’era andato.
E forse, da solo, quel vecchio non sarebbe stato nessuno, poiché era ancora troppo poco noto. Dunque, non era stata una mossa alla Peter Gabriel che lascia i Genesis all’apice della popolarità per darsi a una gratificante carriera solista.
Per lui, probabilmente, c’era solo il ritorno a Hollywood, la droga, forse un nuovo complesso di fama strettamente locale; e i gestori avrebbero scritto con le lettere fluorescenti sui cartelloni dei loro locali J. Frusciante Former Red Hot Chili Peppers Guitarist, e lui avrebbe suonato lì, mentre la gente fumava senza considerarlo troppo, e forse qualcuno con una bona memoria si sarebbe chiesto il perché di una mossa tanto stupida…
Certo che era difficile da mandar giù, una scelta in apparenza così sconclusionata, e il vecchio Alex, che amava riflettere, alle volte, sulle trame dei sili sottili del Destino, aveva continuato a rompersi la testa fino all’imbarco.”»
È con questo lungo pezzo preso direttamente dall’interno del libro (ininfluente a fini di spoiler, tranquilli) che voglio introdurvi quel vagamente adolescenziale (cit. DevilA) ben riuscito libro di Enrico Brizzi, pubblicato nel 1994; seppur risalente a quasi vent’ anni fa, questo continua a rappresentare una piccola parte dell’odierna società “adolescenziale” italiana (probabilmente lo faceva anche nel ’94, rappresentando quella precedente). Ma non ho copiato tutto quel papiro per ricordare l’uscita (per poi rientrare e ri-riuscire) dai RHCP di John Frusciante (dove quel Jack evita problemi di copyright), oppure per sminuire le sue abilità da chitarrista (più che di poco talento lo definirei poco compreso).
Con questo lungo incipit volevo evidenziare lo stile scelto dall’autore per comporre questo suo primo lavoro: uno stile diretto, amichevole, che sembra quasi porsi come una conversazione faccia a faccia. Ma non c’è da stupirsi, considerando che Brizzi era appena un ventenne quando questo romanzo venne pubblicato (e qui mi ritorna in mente quel vagamente adolescenziale del mio caro DevilA). Uno stile con il quale viene facile raccontare la storia del nostro roccioso Alex, giovane punkettone bolognese alle prese con una società che non lo accetta (o forse, il contrario), con una storia di amore non-amore tra lui e una sua coetanea, con un punto di domanda riguardo il proprio futuro. Il tutto condito con una forte presenza di citazioni musicali e cinematografiche, dai Sex Pistols a Mediterraneo.
La cosa interessante è che viene raccontato in un modo così dettagliato -così reale- che viene da pensare che si tratti più di un’ autobiografia. Infatti, prendendo in considerazione l’età dell’autore all’epoca insieme a qualche ricerca su Google, si scopre che questo effettivamente frequentava, da adolescente, il Liceo Classico Galvani di Bologna, storpiato in «Caimani» per questo suo primo libro, oltre la sua partecipazione nel gruppo scout Agesci, sempre a Bologna.
Un libro simpatico, che si legge d’un fiato. Perfetto per accompagnarci in metro oppure in viaggi più impegnativi, fate vobis.