RECENSIONE: Pearl Jam – Lightning Bolt
Quella dei PJ è una storia straordinaria , costellata di acuti geniali che hanno saputo dare voce a generazioni diverse e distanti fra loro. Ci sono i Pearl Jam storici ed incazzati di Ten, quelli intimisti di Yeld e No code, quelli recenti e pretenziosi di Backspacer. Tra pochi giorni l’uscita proprio dell’ultima fatica in studio di Vedder e soci, che noi di Interstella ci siamo spluciati in anteprima per darvene un quadro quanto più possibile chiaro e veritiero. Andiamo subito dritti al punto. Quello di Eddie e compagni è il lavoro di una band a cui sono decisamente mancate le idee, sia dal punto di vista della composizione che della produzione. Ora i più maliziosi diranno che l’artwork anticipa spesso quella che è stata la mole di lavoro su un disco di una band. Non è sempre vero, ma questa volta ci prendono in pieno. Il difetto più grande di questa produzione a mio modo di vedere è la totale mancanza di una linea artistica di fondo. Paradossalmente in questo disco i buoni pezzi non mancano, ma sembrano tasselli di un puzzle messi nel posto sbagliato, ad alimentare solo il disordine. I testi non scadono mai nel banale ma spesso e volentieri non sono sostenuti da una linea ritmica e melodica degna di una band di questo calibro. Basti pensare a brani come My father’s son , Let the record play (blues più vecchio di Chuck Berry) e Sleeping by myself (schitarrata dal sapore di lungomare) in cui si ha la sensazione che il quaderno delle liriche venga letteralmente bruciato e disintegrato. Arrangiamenti che sanno troppo di vecchio, perfino per un gruppo di veterani come i PJ. Non che siano mai stati dei grandi esploratori del suono ma qui mancano proprio le intuizioni in fase di arrangiamento e composizione che possono fare la differenza anche quando non si sperimenta.
Nonostante questa premessa prettamente negativa i 5 ragazzotti di Seattle riescono a piazzare un poker di pezzi degni di nota anche questa volta: parliamo del singolo che avevamo già ascoltato, Sirens, ballata malinconica e graffiante, Pendulum in cui realmente riusciamo ad apprezzare qualche idea più recente e le due tracce di chiusura Yellow moon e Future days (la fatidica ultima domanda) ,che va letteralmente a salvare l’album mettendolo dentro una sufficienza striminzita. Pezzi che ci ricordano perfino all’interno di un lavoro mediocre che il talento spesso e volentieri resta più longevo delle idee.
Un altra manciata di brani si piazza in maniera totalmente anonima all’interno della tracklist, fatta eccezione per la title track Lightning bolt e Infallible che un sorriso forzato a mezza bocca te lo strappano.
Link utili: Pearl Jam
Voto: (6 / 10)
Tracklist:
- Getaway
- Mind Your Manners
- My Father’s Son
- Sirens
- Lightning Bolt
- Infallible
- Pendulum
- Swallowed Whole
- Let the Records Play
- Sleeping by Myself
- Yellow Moon
- Future Days
Formazione:
- Eddie Vedder – voce, chitarra, ukulele
- Stone Gossard – chitarra
- Mike McCready – chitarra
- Jeff Ament – basso
- Matt Cameron – batteria, percussioni