“Aspettando I Barbari”: l’irrefrenabile beltà dei Massimo Volume
Come è sempre giusto fare quando si vuole dare un’impressione personale su band di questo tipo, profonde nei testi, nel background intellettuale e concettuale, musicalmente proiettate nell’immensa costellazione del rock sperimentale made in Italy, si riascolta tutto quello che è stato prodotto dagli albori, per avere un quadro chiaro e completo del percorso che i componenti hanno intrapreso in tutti questi anni nei quali i Massimo Volume si sono insediati e distinti sempre più sulla scena musicale italiana.
Dagli acerbi sperimentalismi noise di “Stanze”, per passare poi a “Lungo I Bordi” e “Da Qui”, vere e proprie pietre miliari che con i loro racconti bukowskiani dalle tinte pulp costituirono il mio primo ed importante impatto con la band bolognese, da sempre cantastorie maledetti che al circo sonoro delle chitarre elettriche aggiungono il parlato di Emidio Clementi, con la sua voce spavalda e graffiante che sfoglia scene di vita quotidiana, oniriche visioni mefitiche, lisergici scenari psicotici. Come in quelle scene dove il traffico viene velocizzato lasciando sulla retina di chi osserva sottili linee rosse e gialle che lentamente si spengono lasciando un grigiore buio di asfalto odoroso.
Poi la caduta di stile con “Club Privé“, dove si mostrano tutti i sintomi di una metastasi maligna verso la pericolosa strada del commerciale: qui addirittura troviamo accenni di cantato da parte di Mimì, elemento che spiazza in negativo dal momento che il gruppo ha sempre optato per il parlato per il semplice fatto che Clementi non sapeva cantare e nessun altro componente del gruppo se la sentiva di prendersi questa responsabilità. Quel marchio unico, stupendo, che sono i testi di Mimì recitati ad arte, su quel tappeto scombussolato di post-rock che ricalca ancora di più le atmosfere e la drammaticità di situazioni di tutti i giorni, rischiava di essere irrimediabilmente compromesso. Come una manna arriva lo scioglimento della band, il loro formicolare in diversi progetti in giro per l’Europa per circa otto anni, fino al ritorno in studio con “Cattive Abitudini”, un ritorno alle origini ripulito e fedele alla linea musicale dei Massimo Volume. La fase “Club Privé” è fortunatamente solo un ricordo, e il progetto è pronto a ricominciare da capo, a raccontare e stigmatizzare la visione del mondo del cantante che come un moderno burattinaio osserva dall’alto il brulicante scorrere della vita di tutti i giorni, lo mette in versi e lo rende indelebile.
“Aspettando I Barbari” esce tre anni dopo l’inizio della “nuova fase” dei Massimo Volume e rispetta appieno ogni aspettativa maturata su di un progetto oramai parte stessa della storia della musica italiana. Preciso, coinvolgente, potente e incisivo sono solo alcuni degli aggettivi che utilizzerei per descrivere questo attesissimo ritorno in studio. C’è la ponderatezza negli arrangiamenti di “La Cena”, le storie e i personaggi di Mimì come un tuffo nel passato del caro vecchio “Da Qui” in pezzi come “La Notte” e “Silvia Camagni”. Un risultato nel complesso evocativo, perfettamente rappresentativo di un gruppo che si è rialzato a testa alta, che ha classe da vendere e ne avrà ancora per molto. Come il vino migliora con il tempo, così fanno i Massimo Volume, che pur adattandosi a sonorità sempre più moderne rispetto al noise becero degli esordi, mantengono sempre la loro aura di meravigliosa potenza espressiva, “ti piaccia o no / ti piaccia o no” come urla Mimì in “Dymaxion Song”.
Voto: (8 / 10)
Massimo Volume – Aspettando I Barbari (La Tempesta Dischi/Master Music – 2013)
- Dio Delle Zecche
- La Cena
- Aspettando I Barbari
- Vic Chesnutt
- Dymaxion Song
- La Notte
- Compound
- Silvia Camagni
- Il Nemico Avanza
- Da Dove Sono Stato