Una carica tutta italiana: i Black Pope e il Santo Rock
I Black Pope sono quattro ragazzi di Trieste che iniziano ufficialmente la loro carriera musicale nel 2009 dopo diversi cambi all’interno della formazione. Già nel 2010, dopo alcune apparizioni live in cui formano il loro sound (una miscela di rock, metal e hardcore sapientemente spalmate per tutte le tracce che propongono), esce il loro primo EP, “Habemus Papam Nigrum”. Da qui le apparizioni live si intensificano e portano il gruppo a suonare non solo in alcuni festival del nord Italia, ma anche all’estero, in Croazia e Slovenia.
Una carriera già ben avviata alle spalle, dunque, che culmina nel loro primo LP (uscito proprio il mese scorso) dal titolo “St. Rock”. La band ha gentilmente chiesto alla redazione di recensire il loro primo lavoro, ed io li ho scelti con piacere per essere i protagonisti del mio nuovo articolo.
L’album si apre con una chitarra elettrica distorta che suona un motivetto allegro, tendente ad un country rock che lascia però sfuggire a tratti quelle che saranno le vere proposte acustiche del progetto. Ed infatti, terminato questo veloce pezzo iniziale, ecco palesarsi tutta la carica della band nel secondo pezzo, “Road To Nowhere”, tra i miei preferiti in assoluto all’interno dell’album. Quello che esplode nelle orecchie dell’ascoltatore è un ottimo riff trash metal che ricorda tanto l’indimenticato Jeff Hanneman degli Slayer. Pezzo veloce che scorre piacevolmente con il suo ritmo travolgente, per poi approdare alla terza traccia dell’album, “Black Pope Theme”, dove notiamo un’altra delle forti influenze che imbevono il sound di questi ragazzi: un bel pezzo di bravura in stile southern rock, con accenni agli Alice In Chains per quanto riguarda l’uso della voce e l’ossatura generale della prima metà, il tutto sostituito da un finale che ritorna ad abbracciare il trash metal con un bell’assolo veloce e schizzato tipico del genere.
Arriviamo così alla title track, dove altre influenze si palesano: questa volta prevale una generale pesantezza di suoni e ritmo tipici dell’heavy metal, con la sua chitarra cadenzata e aggressivamente cupa accompagnata dalla voce à la James Hetfield dei Metallica. E’ la traccia più lunga dell’album, che conclude quella che mi piace definire la sua “prima parte”, nella quale la band si impegna a dimostrare quante e quali siano le influenze che hanno portato alla creazione del loro primo lavoro, e anche come, partendo da esse, abbiano saputo creare una buona commistione di stili diversi da ognuna di loro, miscelandoli sapientemente man mano che si procede all’ascolto.
La “seconda parte” dell’album è introdotta dalla traccia strumentale “Torquemada Express”, che apre le danze per la sessione più scatenata dell’opera. E’ proprio nelle ultime tracce, infatti, che i Black Pope danno il meglio di sé, con una proposta di ottimo trash metal fatto di basi costruite su riff potenti e incisivi dove sono inserite ad arte piccole sorprese che non sfuggono ad un orecchio attento (“Music Is A Bitch” e il sentore di Motorhead, la stupenda “Excomulgado”, con il suo riff da headbanging istantaneo e la scelta questa volta di utilizzare lo spagnolo al posto dell’inglese di tutti gli altri pezzi, “The Song You Can’t Play” con le solite influenze trash metal velate da una vena hardcore punk che ogni tanto affiora nel breve lasso di tempo che compone il pezzo e il gran finale con “8” e la sua intro con tamburi distorti e la solita cattiveria che ci è ormai tanto cara).
Una menzione a parte va al pezzo che affiora tra questo mare di schitarrate accattivanti, batteria scatenata e voce rabbiosa: “I’ll Be Ok”, settima traccia, è una rock ballad malinconica che utilizza questa volta la chitarra acustica e mette da parte la rabbia per un’introspettivo viaggio che odora di pianure polverose dell’America, di locali pieni di feccia umana, alcol e sudore.
Concludendosi con questa seconda parte più veloce e scatenata, ma non priva di richiami interessanti, l’album appare nel complesso come un buon esordio, molto veloce sia come tempi di ascolto che come ritmo prevalente al suo interno, un esempio di come nel nostro paese esista una forte carica in musica e ragazzi pronti a mettersi in gioco nella dura strada del rock – metal solitamente relegata ad una scena sempre troppo underground. Veramente un ottimo esempio di buon trash metal vecchio stampo, magari molto più pulito, preciso in ogni dettaglio, per svecchiare un po’ le sonorità raw di band classiche come Anthrax, i primi Metallica, i già citati Slayer, in un paese come il nostro che ha visto veramente poche band cimentarsi in questo particolare sottogenere. Ma, tranquilli, non c’è solo quello: si trovano piccoli tesori qua e la, da questo o quell’altro ambito, dei quali vi ho già fornito una mappa sufficientemente dettagliata. Tanta grinta, buone influenze e capacità di creare melodie accattivanti per gli amanti delle sonorità forti sono indispensabili per fare strada, e questi quattro triestini hanno tutte le carte in regola per far scuotere le teste a tanti futuri ascoltatori, che potranno gioire del sacrosanto rock (ma decisamente più metal che rock) che la band osanna.
Vi lascio con due video live ovviamente contenenti i due pezzi che più mi sono piaciuti (volevo anche embeddare la differenza notevole di “I’ll Be Ok” ma il video su Youtube non si trova; dovrete cogliere la cosa da soli, magari comprando l’album qui).
Voto: (4 / 5)
I Black Pope sono:
Nevio – Vocals, Guitar, Banjo
MizioRock – Guitar, Vocals
Matteo – Bass, Vocals
Tiger – Drums, Vocals
Black Pope – St. Rock (2013)
- MMXII
- Road To Nowhere
- Black Pope Theme
- St. Rock
- Torquemada Express
- Music Is A Bitch
- I’ll Be Ok
- Excomulgado
- The Song You Can’t Play
- 8