Philip Glass, una pillola di minimalismo
Considerato uno dei maggiori esponenti del minimalismo musicale Glass rappresenta il ponte che collega i lavori forse troppo concettuali di La Monte Young, guru della drone music, e i piu moderni compositori di musica ambient. L’uso dei bordoni, in inglese “Drone”, ovvero un costrutto melodico ripetitivo e scarno viene utilizzato in maniera morbosa nello svilupparsi dei brani che nella maggior parte dei casi vengono eseguiti su organo o pianoforte. Nonostante ciò durante la sua carriera ha avuto modo di spaziare in molte altre produzioni con orchestre e cori.
Proprio su questa ensemble sonora, nel 1983 compone le musiche del primo capitolo della trilogia qatsi di Godfrey Reggio che con questo film(il suo primo film), dà il via ad una nuova corrente cinematografica. Si tratta di una sorta di documentario sperimentale, Koyaanisqatsy – Life Out of Balance, il film è tutta una carrellata di immagini che seguono il filo della duale asincronia tra il nuovo mondo delle metropoli, delle grandi industrie e quella civiltà degli ultimi, di quella parte del globo che si trova in prevalenza a sud dell’equatore e che conduce un’ esistenza nella quale, a differenza del nostro stereotipo di uomo moderno, si sviluppa un naturale equilibrio con i processi naturali. Il film ha un grande impatto visivo con successioni di immagini accelerate di ore di riprese in paesaggi desertici e sulle strade di affollate città. Le musiche di Glass che accompagnano tutta la durata del film (circa un’ora e mezza) sono il fulcro della riuscita di questo esperimento, quella carica drammatica fornita dalle sue composizioni riesce a sopperire alla mancanza di dialoghi e pone lo spettatore nel ruolo, voluto dal regista, di protagonista onnisciente.
Questo “entanglement” tra arte visiva e auditiva non era affatto nuovo a Glass che da giovane aveva avuto esperienze di esibizioni all’interno di gallerie d’arte in cui si riusciva ad individuare, forse per la prima volta, il punto di tangenza tra minimalismo in musica e in arte visuale. Questo concetto è tutt’ora molto valido e sono in molti ad averlo sviluppato (vedi Alva Noto) riprendendo quello che Glass e Reggio hanno fatto. Anteporre alla comunicazione verbale qualcosa di diverso, rendendo la colonna sonora non la parte di un film ma, insieme alle immagini, la trama stessa di un racconto.