INTERVISTA CON I SOUTHELL: “Alcohol fueled , weed inspired”
Loro sono I Southell, sono di Ancona e sono anche, a mio modo di vedere, una delle più belle realtà underground che mi sia capitato di conoscere. Ci hanno rilasciato una breve intervista dove si parla di vecchi progetti, musica Italiana e speranze future. Godetevela!
1) Partiamo con una domanda che sa di clichè ma è impossibile non farla. Southell, perchè questo nome? Ha un significato preciso?
MATTEO: Il nome lo ha coniato il nostro primo batterista, Met. Il significato? Suona bene e ci sembrava identificativo del gruppo, dato che agli inizi eravamo più portati a suonare un Southern Metal di matrice “Down”. Ah, eravamo sbronzi, ovviamente (bei tempi!!).
MICH: Si un significato precisò ce l’ha: “Inferno del sud”. Il nome ci sembrava tosto…tutto qua.
SATIA: Non so, io sono entrato dopo nel gruppo, nel maggio del 2011. Quando mi è stato chiesto di entrare nei Southell con è stato uno dei giorni più belli di sempre, perchè ho sempre suonato con gruppetti qua e là ma mai combinato niente di serio. Con loro sapevo che ci si divertiva e si combinava qualcosa di buono. Già li seguivo da un pezzo come fan, avrò avuto si e no 16/17 anni la prima volta che li ho visti dal vivo e ricordo di essere rimasto davvero colpito per il loro modo di stare sul palco. Li ho sempre guardati con ammirazione per quel che facevano e per come lo facevano, quindi potete comprendere l’euforia che ho avuto e che ho ancora al pensiero di suonare e far parte dei Southell, anche se, purtroppo, durante il percorso per varie ragioni se ne sono andati via altre due pedine importanti del gruppo: Naso e il grande Kian, che saluto con affetto.
2) Leggo che siete di Ancona..strano, avrei detto di Seattle. Quanto è forte l’influenza di quell’ambiente sulla vostra musica?
Per quanto mi riguarda, fortissima, ma involontaria. Sono cresciuto a pane e “Seattle sound” e, nonostante non sia più il mio genere di riferimento, credo mi segua come un’ombra in tutto quello che faccio. E comunque parlare di Seattle non equivale a parlare solo di grunge…Jimi Hendrix e Melvins dove li mettiamo?
Beh Seattle fa subito venire in mente molti gruppi stracazzuti, soprattutto grunge, ma questo per me non ha molta influenza; per lo meno nei nuovi pezzi che stiamo componendo ci stiamo spostando su sonorità più lente e pesanti che hanno a che fare ben poco col grunge.
Sicuramente…è la città di Jimi Hendrix!
3)Una cosa che mi interessa molto sapere è in quali step avviene il processo compositivo dei vostri pezzi. C’è qualcuno a casa che mette su da solo una base o parte tutto da un riff in sala prove?
Di solito scrivevo io la maggiorparte dei riff, li registravo a casa e li passavo agli altri, poi in sala prove completavamo il pezzo. Ma già da ora il grosso del lavoro è comunitario e svolto tramite jam registrate, dalle quali estraiamo successvamente le parti migliori su cui lavorare. Personalmente preferisco questo metodo dove le idee di ognuno di noi confluiscono in un unico corpo, la canzone.
A pensarci bene poche volte i nostri pezzi sono derivati da dei riff venuti fuori in sala prove, la maggior parte è tutto lavoro su riff scritti a casa.
Un po’ e un po’. Si compone con quello che ci viene in mente,qualsiasi cosa essa sia. Poi pian piano ci si lavora su, la si aggiusta e le si dà una forma definitiva.
4)Parliamo del vostro primo disco, “Alcohol Fueled, Weed Inspired”. Quanto lavoro, in termini di tempo, c’è dietro? E soprattutto, manda un messaggio in particolare a livello di testi e musica?
In termini di tempo 3 anni. Ovvero tutto il tempo che è servito a fondare il gruppo, conoscersi, amalgamarsi, creare e registrare. Come messaggio è apparentemente semplice e diretto, in realtà dentro le canzoni confluiscono stati d’animo, emozioni, riflessioni e memorie…almeno, a livello personale, quando sento il disco riesco benissimo a collocare ogni singolo pezzo a momenti e a fasi diverse della mia vita. E mi piace, vuol dire che ho lasciato qualcosa di genuino in quello che ho fatto.
Che mandi dei messaggi è indiscutibile e si lasciano intendere, basta leggere i testi .Di lavoro dietro ce n’è stato tanto, essendo il nostro primo disco. Ma siamo coscienti che il lavoro più grande bisogna farlo ora, che dobbiamo definire le nostre sonorità e fare un seguito ancora migliore del predecessore.
5)“Alcohol Fueled, Weed Inspired”, un titolo forte, una scelta sincera che condivido. Ma non avete paura di essere subito etichettati con una presentazione tanto diretta?
Avrei più paura ad essere etichettato per aver fatto un disco di merda. Comunque la risposta è no, questo primo lavoro non ha avuto nessun tema unitario che colleghi i pezzi tra loro. Però risentendo i pezzi mi vengono in mente i momenti in cui sono stati creati, l’armonia e le belle serate passate in sala prove tra mille birre, grigliate, riffoni e qualche “bombetta”. Veramente bei tempi, che sono felice di aver vissuto.
No. Si fa musica rappresentando quel che si vuole e come lo si vuole..se poi si viene etichettati come stronzi alcolizzati o fatine buone son cavoli di chi quelle etichette le crea. Noi semplicemente continuiamo con le nostre idee e ci concentriamo sulla nostra passione.
Ma no…poi, anche ci etichettassero “male”? Di questi tempi il più pulito ha la “ROGNA”…
6) Una domanda un po’ fuori dagli schemi. Un disco (o più di uno) che assolutamente salvereste in caso di imminente fine del mondo? Tanto per capire quali ascolti sono per voi indispensabili.
Radiohead – Ok Computer; Yob – Catharsis; Grand Funk Railroad – Closer To Home; Megadeth – Rust in Peace; Pink Floyd – Animals; Sleep – Dopesmoker…faccio basta perchè più ci penso più questa lista tende all’infinito.
Ah, clonerei i Creedence, senza dubbio.
Non salverei solo qualche album ma intere discografie da portare con me: John lennon, Grand Funk Railroad, Motorhead, Type O Negative, Strapping Young Lad, Red Fang, Devin Townsend, Led Zeppelin, Black Sabbath, Pantera, Om, Bong, Buffalo Grillz, Death, Bob Marley, King Crimson, Yob, Meshuggah, Texas Hippie Coalition, The Sing Of The Southern Cross e molti altri ancora che non sto ad elencare perchè ci passerei non so quanto tempo!
Sicuramente tutta la mia discografia di Zakk Wylde e Black Label Society.
7) Quant’è difficile fare un genere come il vostro in Italia? Meritereste sicuramente tanti spazi, ma quanta fatica fate per trovarne?
Ormai non credo più sia un problema di genere, ma proprio di cultura. Credo sia difficile per chiunque cerchi di fare musica originale, dato che se hai una cover band puoi suonare con regolarità ed ottenere buoni cachet. Senza contare che spesso poi ci si ritrova in situazioni proibitive, locali senza uno straccio di impianto che ti chiedono se puoi “abbassare la batteria” (giuro, giuro che è successo davvero!!), restii a tirar fuori anche cachet ridicoli, salvo poi destinare cifre assurde a un qualche dj buffone con due valigie al seguito piene di ovvietà, non di dischi.
Ah, comunque la colpa è anche di buona parte dell’audience, ne ho visti molti lamentarsi della carenza di eventi di musica originale dal vivo che poi puntualmente disertano concerti per andare a fare costosi aperitivi in locali dove un dj sta mettendo l’hit del momento o dove la cover band locale di vasco rossi sta facendo emozionare i buzzurri del posto tra una tirata e l’altra di coca scrausa.
L’impegno che ci mettiamo è per quella gente che ama la nostra musica, viene ai concerti e alla fine si fa anche una birra o due chiacchere con noi…sapere di aver creato qualcosa capace di far felice anche per pochi minuti qualcuno è una sensazione che non può non caricarti di gioia e di stimoli a far sempre meglio.
E’ difficile per noi come molti altri gruppi che magari fanno anche generi differenti dal nostro. Purtroppo in italia va la “cacofonia” e per “cacofonia” intendo quella roba commerciale sgradevole magari mandata in radio 20 mila volte al giorno, festivalbar, sanremo, cazzate varie.
Purtroppo tanta gente anche a livello di musica si accontenta di ascoltare quello che detta la moda ed i locali pensano ad accontentare questa gente.
8)Avete mai pensato di emigrare per fare il salto decisivo? Può essere una soluzione secondo voi andare via da qui o è proprio la nostra musica che ha perso di credibilità ovunque ?
Il pensiero di andare all’estero nel mio cuore c’è sempre, ma più per una questione privata/lavorativa. Nel campo musicale non credo sia necessario, anche perchè, come ho ribadito nella risposta alla domanda precedente, la nostra scena musicale non ha nulla da invidiare a nessuno in termini di qualità e credibilità.
Io sono già pronto e non vedo l’ora di andare via, come credo anche il resto della band. Qui c’è rimasto veramente poco per la buona musica. All’estero ci sono molte realtà più belle. Sento sempre discorsi da gente che torna dall’estero, amici che partono per vedere concerti, oppure leggendo sul web etc. etc. Mi fa credere che fuori da qui ci sono realtà molto più stimolanti per chi fa un certo tipo di musica come il nostro.
9)Progetti per il futuro? come vi vedete da qui ad un anno musicalmente parlando?
Contando che nell’ultimo anno abbiamo perso tre elementi per varie cause (e approfitto per salutarli: un “Hell Yeah” a Naso, Kian e Met, papà fresco fresco del piccolo metalhead Pietro!) tocco ferro. In realtà stiamo ormai da tempo scrivendo i pezzi per il secondo album, che sarà parecchio diverso dal primo: accordature ribassate, pezzi più pesanti e più psichedelici, rispetto all’esordio che strizzava l’occhio a Down e southern rock. Nella tabella di marcia è prevista la registrazione di una pre-produzione da passare in giro sperando di trovare qualcuno di serio che voglia stampare e promuovere il disco. Poi spero finalmente di riuscire ad organizzare quel tour europeo che per causa di vari problemi abbiam dovuto rimandare quest anno.
Sopra un qualcosa di solido degno di essere chiamato palco, con dei suoni degni di essere chiamati suoni..non come quando suoni qui intorno che può capitare che al posto del fonico ti mandino un fottutissimo tecnico delle luci, che essendo un tecnico delle luci ti fa dei suoni penosi sia fuori che dentro al palco (tratto, purtroppo, da una storia vera! Un coglione che non aveva neanche idea di quale fosse la sua attrezzatura e che alla fine si mise ad accusare i gruppi di avergli fottuto un microfono che NON TROVAVA). Suonare davanti a poche migliaia di persone farle divertire insieme a noi con la nostra musica e diventare un tutt’uno con loro. Sono umile non mi aspetto chissà cosa.. però mi piacerebbe girare un po’ il mondo, fare la nostra musica e divertirsi con chi capita, fare nuove conoscenze ed evadere per un po’ di tempo dalla triste realtà che sta diventando l’Italia ai giorni nostri.
Credo che, come succede ogni anno, miglioreremo ancora! Il tempo cambia ogni cosa, la gente va e viene, ma noi saremo ancora li a sputare riff pesanti, perché è questo che ci piace e vogliamo fare!
10) Chiudo con l’ultima domanda ringraziandovi a nome di tutto lo staff di Radio Interstella per la disponibilità. Un gruppo/cantante italiano che secondo voi resta ancora oggi di qualità?
Per me non esiste, parlando della musica italiana contemporanea. Alcuni grandi artisti ne abbiamo avuti ma di sicuro non sono di questa epoca.
Senz’altro Elio e le Storie Tese!
Con “ancora oggi” sembra di capire che tu alluda a qualche BIG del passato. Beh, ce ne sono di autori italiani che apprezzo, ancora di più di band (PFM, Balletto di Bronzo, Perigeo, Goblin, etc.), ma preferisco farti un po’ di nomi di gruppi attuali, di vario genere, che a mio avviso sono di ottimo livello: i nostri amici e conterranei Need Her Liver, i toscanacci Gum, la ottima scena stoner/doom italiana con gruppi del calibro di Ufomammut, Zippo, Doomraiser, The Whirlings, Soundsick e molti altri, il genio del duo rap(?) torinese Uochi Tochi, gli schizofrenici Zeus! e, per finire, i thrasher Bothers, miei vecchi compagni di avventura, nonchè ragazzi umili e in gamba che si meritano un grande avvenire. Come in tanti altri campi, anche nella musica l’Italia è piena di tesori nascosti da rivelare e valorizzare…non perdiamo altro tempo!
Un grazie a te Paride e a tutto lo staff di Radio Interstella!