Padania – L’ultimo lavoro degli Afterhours. Impressioni a caldo di un disco gelido
Da poche ore è nei negozi Padania, ultima fatica in studio della band Milanese. Spieghiamo subito perchè si tratta di un disco gelido. Beh, in maniera molto diretta, non fa altro che rappresentare attraverso un meccanismo crudo la realtà che in questi anni viene vissuta da tutti noi in Italia. Ecco dunque, davanti ai nostri occhi, un panorama a dir poco glaciale…
Metamorfosi: In realtà non capisco nemmeno bene dove voglia andare a parare il testo (pecca da primo ascolto probabilmente), tuttavita la prima impressione è che sia abbastanza velleitario. I virtuosismi vocali sono fini a se stessi e sicuramente, per chi come me ama dischi del calibro di Germi o Hai paura del buio c’è decisamente una esagerazione di archi per poi sfociare poco dopo nel marasma di chitarre confuse che sembrano un pò buttate li per far casino. Non un grande pezzo per aprire un ritorno tanto atteso…non un grande pezzo in generale.
Terra di nessuno: Un pezzo arduo da definire. Sicuramente c’è la ricerca di un difficile compromesso tra quella che è la strada intrapresa con il brano d’apertura e il rock che gli After ci hanno abituato a trovare nei loro dischi. Il risultato è un qualcosa che non decolla ma che quantomeno si afferma bene sotto il punto di vista testuale.
La tempesta è in arrivo: “Non puoi più decidere…come sarai”. Una frase che sicuramente centra in pieno il problema della mia generazione. E’ facile e spontaneo ritrovarsi dentro le parole stupende di questo pezzo. Ce l’avevano già fatta ascoltare questa hit gli After, ma sicuramente si apprezza meglio all’interno dell’album e del suo concept. La linea melodica non è di certo delle più originali ma funziona molto bene e arriva diretta, feroce. Un gran finale poi, che ci fa capire che Agnelli and co. nel bene o nel male non possono fare a meno di sperimentare.
Costruire per distruggere: Un brano in cui il disfattismo senza se e senza ma comincia a diventare pesante dopo il primo minuto. Non si intravede luce e speranza nell’arco di tutto il pezzo, e se qualcuno ha detto che l’artista deve portare in ogni suo lavoro anche qualcosina di postivo insieme alla denuncia, qui non ci sono proprio riusciti. Nessuna spiegazione ha poi il violino che è praticamente cacofonico per tutto il tempo. Sia chiaro, sono sempre pro sperimentazione, ma soltanto quando non è fine a se stessa. In una canzone che sarebbe stata alternativa comunque (il giro di accordi e la linea vocale sono tutto fuorchè scontate), perchè questa scelta? Non mi piace. Giudizio tutto personale
Fosforo e blu: questo è un pezzone. Un ritorno in grande stile alle origini più buie. Quelle dei concerti nell’interland con 20 persone sotto al palco a pogare come matti. Un riff tosto, pochi giri di parole e una chitarra distorta fino alla morte. Si sfiora anche il growl a tratti. Non me l’aspettavo proprio, ti fa venire voglia di spaccare qualcosa!
Padania: Eccoci alla title track. Forse il brano più commerciale, ed,in quanto tale, o lo ami da subito, o lo odi per sempre. A me devo dire che piace..trovo soprattutto molto poetico l’incipit (“due ciminiere e un campo di neve fradicia..qui è dove sono nato e qui morirò”) che da una semplice chitarra acustica ti porta subito ad un altro livello emotivo. Probabilmente, come detto su, eccessivamente commerciale per una band così, tuttavia mai banale. Ecco quindi un’importante lezione in cui degli ottimi professori ci insegnano a non mettere sempre insieme il voler essere più mainstream col diventare scontati.
Ci sarà una bella luce: Un pezzo al primo ascolto totalmente incomprensibile. E quindi via col tasto loop per cercare di capirci qualcosa. E’ impossibile dare un giudizio definitivo su questo brano. Cambia ogni volta che lo ascolti, provare per credere. Quasi del tutto assente il basso (anzi forse del tutto assente, le cuffie che ho a disposizione non mi aiutano). Scelta interessante e coraggiosa. La chitarra spazia attraverso il blues, il jazz ed il noise rock puro. Una stella mancata forse. Così com’è può piacere e non piacere ( a me piace ), forse con qualche scelta meno schizzoide in fase di arrangiamento sarebbe potuto essere più affabile. Ma gli After ci piacciono anche per questo no?!
Messaggio promozionale n.1: Lo dice il titolo che cos’è. Un vero e proprio spot musicale della durata di un minuto. Una scelta che in un concept come questo può anche starci. Non viene però sviluppate oltre una delle idee strumentali migliori..peccato..
Spreca una vita: Se qualcuno aveva da dire qualcosa sulle condizioni di forma della voce di Agnelli, beh questo pezzo risponde alla grande. Tuttavia non particolarmente degno di nota alla fin fine forse perchè poco legato al brano precedente e a quello successivo. Un brano che non deve essere per forza elogiato per la ricerca atipica delle chitarre, che non basta a dargli una sua dimensione a mio modo di vedere.
Nostro anche se ci fa male: Segue la falsa riga di Padania sotto il punto di vista musicale e riprende molti dei concetti già espressi in ” La tempesta è in arrivo “, quasi a volerli rafforzare e ribadire (“Ti maledici perchè sei diverso e non puoi sceglier cosa sei”). Di nuovo quindi la luce sulla perdita di identità che il mondo d’oggi, con i suoi sogni un pò falsi, ha gettato con violenza sulle ultime generazioni. Molto emozionale, di facile ascolto e piacevole.
Giù nei tuoi occhi:E’ la costante di questo disco. Dopo un brano più emotivo ne arriva uno urlato e più duro. Questo però non mi convince per niente. Non so nemmeno spiegarvene il motivo preciso, proprio non mi arriva. Zero segni di vita
Messaggio promozionale n.2 : Più breve del precedente, e praticamente solo parlato. Troppo provocatorio (nel senso basso del termine) in questo caso, non centra l’obiettivo che in maniera molto più articolata aveva centrato il n.1.
Io so chi sono: Pezzo dalle soluzioni armoniche sicuramente molto interessanti, addirittura jazz per buona parte del tempo che gli viene concesso. Qualcosa in più rispetto a ” Spreca una vita ” ma qualcosa in meno se paragonato ai punti più alti di questo disco. Un brano un pò qua e un pò là. Interessante il titolo, quasi a voler sconfiggere la perdita di identità di cui abbiamo parlato prima.
Iceberg: Serve a farci sentire che il nuovo violinista (nuovo si fa per dire, ormai è con Manuel da un pò) è davvero bravo.
La terra promessa si scioglie di colpo: La ballad sicuramente meno interessante del disco. Un album che si chiude decisamente all’insegna della noia e che ha, a mio modesto modo di vedere, l’ultimo sussulto degno di nota in “Nostro anche se ci fa male”. Un altro brano un pò a metà, forse in questo caso troppo a metà.
Che cosa dire alla fine di Padania? Beh sicuramente è un album che va ascoltato per forza di cose tutto d’un fiato. Risulta praticamente impossibile giudicarlo a pezzi (e qui cade anche il valore che queste piccole impressioni, brano per brano , possono avere).Un disco che è stato praticamente elogiato ancora prima della sua uscita, con una mirata e furba campagna pubblicitaria, che non è assolutamente criticabile, sia ben chiaro. Fa del cambiamento e del disfattismo (a tratti eccessivo) il centro della sua propaganda e per diversi brani non delude nemmeno le promesse fatte, ma sono troppi i punti interrogativi che ti lascia dopo averlo ascoltato. Un Album che non va tra i peggiori di questa grandissima band ma che comunque resta troppo distante dalle sue migliori produzioni. Si colloca in quel limbo in cui stanno un pò tutti i lavori più recenti delle migliori realtà alternative Italiane ( fatta eccezione per WOW dei Verdena, che è quasi meglio dei primi). Che dire, magari nei prossimi ascolti mi darà qualche conferma in più, per ora buon ascolto..magari poi raccontatemi come vi è sembrato questo viaggetto in Padania!