ALBUM DEL GIORNO: Red Hot Chili Peppers – I’m With You
Quello tra me e i Red Hot è un amore che dura ormai da più di un decennio.
Avevo più o meno 10 anni quando mi imbattei per caso in uno stereo scassato di una Fiat Panda, proprio mentre questo stava sputando fuori a tutta birra l’intro di basso di Around the World. Fu amore al primo ascolto!!
Seguirono anni passati a comprare le ristampe dei vecchi album, da ascoltare e riascoltare nel lettore Cd. La sfrontatezza dell’omonimo album, il crossover di Freaky Styley e The Uplift Mofo party Plan. Le vette mai più raggiunte di Mother’s Milk e Blood Sugar Sex Magik, l’attraente diversità di One Hot Minute. Fino ad arrivare all’attesissimo By The Way e alla delusione di Stadium Arcadium.
Sicuramente, se è vero che per fare una recensione perlomeno decente ci voglia, tanto per cominciare, una buona dose di neutralità, allora è anche vero che sono l’ultima persona che dovrebbe scrivere queste righe, ma tant’è.
Partiamo da un concetto: I’m With You MI E’ PIACIUTO.
Chiariamoci: l’album non è un capolavoro, anzi se vogliamo possiamo anche dire che è uno dei peggiori che abbiano mai prodotto, e ben pochi avrebbero da obiettare. Cose che succedono, se ti chiami Red Hot ed hai alle spalle delle vere e proprie pietre miliari della musica contemporanea, con le quali si finisce sempre inevitabilmente a fare un confronto.
Ma c’è una profonda differenza tra gli ultimi 2 lavori della band californiana.
Appena ascoltato Stadium Arcadium, il mio primo pensiero è stato: “ok, è ora di rimettere questi 2 cd nella loro bella custodia nuova, ottimi per completare la collezione, sicuro, ma ora sarà meglio che torni ad ascoltare Mother’s Milk..”
Invece, appena ascoltato I’m With You il mio primo pensiero è stato “oh cazzo…ma questi sono i Red Hot!!!”
Vorrei ribadire che quest’album non è comparabile con i capolavori che hanno sfornato i cari peperoncini rossi. Eppure ci ho ritrovato una carica che in loro non sentivo da tempo.
E’ vero, l’assenza di Frusciante si sente e pesa. Certo è che se il nostro caro John doveva rimanere per sfornare lavori tipo Stadium Arcadium (si, ho un vago astio verso questo album), allora ben venga il nuovo entrato Mr. Klinghoffer, nelle cui corde (della chitarra, nonché vocali) si sente comunque spaventosamente l’influsso del suo mentore.
Quanto ai pezzi, spaziamo da canzoni sicuramente non trascendentali ma comunque cariche di una certa roccheggiabilità e funkevolezza, quali Monarchy of Roses, Factory of Faith, Goodbye Horray, per poi passare a brani (ancor più) poppeggianti come Brendan’s Death Song, Annie Wants a Boy, Meet Me at the Corner (che ricordano decisamente lo stile di By The Way, l’album del 2002) e ad alcuni apprezzabili novità come il piano suonato da Flea in Happiness Love Company o in Even You Brutus, e le ritmiche di Ethiopia che a tratti (ascoltare minuto 1:17 o anche 2:03 per credere) mi riportano addirittura ai primi album..
Menzione speciale per Look Around. Si, sarò pure uno schifoso sentimentale nonché uno di quei baccalà talmente innamorati che basta un po’ di movimento di ciglia per cadere ai piedi dell’ammaliatrice in questione, ma ascoltare l’avvio di questa canzone, con il basso martellante e la funchitarra come ai bei tempi che tanto piacciono a me, è stato qualcosa di orgasmico!!!!
Insomma, a conti fatti pare proprio che l’entrata di Klinghoffer sia servita a Kiedis e company, che hanno dimostrato che se vogliono sanno ancora farsi apprezzare, eccome!!! Ascoltare per credere e…
Lunga vita ai Peperoncini Rossi!!!!!!!
“Harder, Better, Stronger, Faster”
DevilA