I più grandi plagi musicali della storia del rock: quando l’allievo supera il maestro…
Alzi la mano chi di voi non ha mai pensato o sentito dire che i tempi d’oro del rock e dei “mostri sacri” siano ormai finiti da tempo. E’ un classico, chiunque si trovi a parlare con un discreto intenditore di musica, deve subire a fine discorso la ormai nota e comune conclusione della povertà di idee e di novità nell’immenso e vastissimo scenario musicale che ha dato origine ai più noti maestri del genere.
Non tutti sanno, però, che anche i più celebri chitarristi e cantanti rock, idoli dei teenager di ieri e di oggi (purtroppo si tratta di pochi superstiti), hanno tratto forte ispirazione e spesso hanno anche “scopiazzato” spudoratamente artisti e compositori che per svariati motivi hanno goduto meno, nel passato, delle luci dei riflettori. Nel bersaglio dei grandi critici musicali, c’è uno storico gruppo degli anni ’70, precursore del genere heavy metal e hard rock insieme ad altri illustri artisti dalle chitarre infuocate e dai doverosi pantaloni di pelle.
In effetti, sono proprio i leggendari “Led Zeppelin” ad essere messi sotto accusa più di tutti, con numerose ed incessanti imputazioni di plagio, che hanno da sempre contraddistinto la loro straordinaria e fertile carriera iniziata nel marzo 1969, quando irrompono nella scena musicale con il loro primo L.P. carico di puro rock psichedelico: era il periodo del mitico riff di “communication breakdown” e della toccante “babe, i’m gonna leave you”. Tuttavia, il buon vecchio Jimmy Page, aveva attribuito sfacciatamente all’album “Led Zeppelin”, il celebre e particolarissimo singolo “Dazed and confused”,modificato a suo piacimento, ma già scritto precedentemente dal compositore americano Jake Holmes, da cui lui affermò di “trarre liberamente ispirazione”, pur sapendo che di tutto l’immenso successo di quel pezzo straordinario, il sig. Holmes non ne trasse benché niente. Sotto accusa è anche l’arpeggio di “Starway to Heaven”, pezzo degno dell’ottima interpretazione di un Plant capace di dare i brividi con la sua voce a tratti quasi impercettibile ed a tratti, invece, vivace e piena di vigore: venne accusata di forte analogia con il brano “Taurus” degli “Spirit” del 1968, forse dovuto al fatto che le due band condividessero anche molte tournée.
Altro caso è invece quello del brano che ha consacrato una delle voci più belle del rock, quella di Ian Gillan: stiamo parlando di “Child in time” dei “Deep purple”, dove il sound della stratocaster di Blackmore si fonde con il ritmo via via sempre più incalzante del brano stesso. Col tempo però, lo stesso veneratissimo frontman della band, ammise che il pezzo era stato influenzato dal sound e dallo stile di “Bombay Calling” del gruppo californiano “It’s a beautiful day”.
Altro caso di forte e indiscutibile somiglianza è quello del memorabile brano “Hotel California” degli “Eagles”: vince il Grammy Award nel 1978 e viene piazzato tra le cinquanta canzoni più belle di sempre dalla rivista “Rolling stones” ma nonostante tutto, oltre ad essere tacciato di satanismo e di essere colmo di termini allegorici riferibili alla cannabis, viene anche incriminato come plagio del brano “ We used to know” dei Jehtro Tull, inciso sette anni prima. E chi non conosce, poi, le note dell’allegra e vivacissima “Sweet home alabama” dei Lynyrd Skynyrd? Il caso è controverso, poichè anche in questo pezzo si noteranno delle forti somiglianze con “take the money and run”, composto dalla “Steve Miller band” nel 1973, ma quest’ultimo venne associato all’album “Fly like an eagle” del 1976, e quindi postumo al singolo della famosa band americana dal nome alquanto bizzarro e contorto.
L’elenco degli artisti che hanno dato libero sfogo alle loro fantasie su pentagrammi già scritti è alquanto vasto e tuttora restano ancora irrisolti svariati ricorsi che sperano di far valere le loro ragioni davanti al tribunale dei tanto ambiti diritti d’autore. Nonostante ciò, il clamore destato attorno a tutti questi casi non ha abbattuto i grandi emblemi del rock, forti delle loro idee, della loro musica ed anche di un sano senso di superiorità che in un campo così vasto aiuta a sbaragliare gli avversari.
Del resto, il segreto era già noto ad uno dei più grandi compositori di musica classica del passato: lo stesso Igor Stravinskij infatti affermava che “ un buon compositore non imita: ruba”.