ALBUM DEL GIORNO: King Crimson – In The Court Of The Crimson King
È il 20 luglio 1969. Il mondo osserva sbalordito i primi passi dell’astronauta Neal Armstrong sulla superficie lunare e i King Crimson, a distanza di poche ore, registrano il loro primo album. Il prodotto finale, un 33 giri contente cinque tracce, è quel capolavoro di progressive rock denso delle più varie e suggestive atmosfere musicali che risponde al nome di In The Court Of The Crimson King.
Se le fatiche di Armstrong, Aldrin e Collins costituiscono un evento epocale che non solo stupisce miliardi di telespettatori increduli ma segna di fatto la fine della guerra spaziale tra USA e URSS, gli sforzi di Fripp, Lake, McDonald, Giles e Sinfield danno come risultato un disco ambizioso e prepotente, colossale e granitico, tanto da risultare innovativo anche a distanza di ben quarantadue anni e in grado di imporsi come indiscutibile pietra miliare della storia della musica.
La celebre copertina dell’album, raffigurante l’urlo di terrore di un uomo ritratto in primo piano, presagisce voce e chitarra (entrambe pesantemente distorte) della prima composizione, 21st Century Schizoid Man, un affresco potente e incalzante sui disturbi della personalità dell’uomo del terzo millennio. In un crescendo continuo e frenetico che si dipana velocemente per più di sette minuti, il brano, dopo aver raggiunto il suo climax, si risolve in un’orgia finale, scomposta e catartica, di strumenti musicali che trascina l’ascoltatore fino al brano successivo.
I Talk to the Wind culla chi ascolta l’album in una dimensione di sogno che ha come sfondo l’immagine del vento. Un vento che, va detto, spira magistralmente dai fiati onirici e dolcissimi di Ian McDonald e filtra una voce di Greg Lake finalmente rasserenata e ben più soave rispetto al pezzo d’apertura. Così, il protagonista del testo (che, lo ricordiamo, è curato come tutti gli altri da Peter Sinfield) si trova all’esterno e guarda all’intero (I’m on the outside looking inside) e quello che vede non è altro che confusione (much confusion / disillusion) anticipando introspettivamente la confusione che si riflette nel brano successivo.
“Confusion / will be my epitaph” recita infatti il testo del nostro terzo brano, intitolato per l’appunto Epitaph. In questo pezzo di rara inquietudine, le malinconiche elucubrazioni al mellotron si susseguono alimentando un’atmosfera che ha tutto il gusto della favola epica, costituendo di fatto una composizione aulica tanto nel testo quando nelle musiche.
Non a caso, nell’incipit dell’articolo, si è parlato di allunaggio. La Luna ritorna nel penultimo pezzo del disco, Moon Child, ballata poetica cui segue una lunga improvvisata digressione sul tema che sfocia nel rumorismo e tradisce un sincero bisogno di sperimentalismo sonoro quale valvola di sfogo della natura virtuosistica dei componenti della band, già prima della registrazione dell’album conclamati animali da palcoscenico.
E se Moon Child è accompagnata da una batteria di Mike Giles quasi in sordina, l’ultimo pezzo dell’album si apre proprio con una scarica di percussioni breve e rotonda che anticipa l’incontro straordinario col Re Cremisi in persona. In the Court of the Crimson King è un brano dal ritmo sincopato e trascinato, nel quale suggestive sezioni corali si sovrappongono alla voce di Lake e il tema principale viene intramezzato da riproposizioni dello stesso reinterpretate magistralmente dai fiati di McDonald. Un brano lungo, nei suoi 9:27 minuti (ma non il più lungo del disco, il primato spetta a Moon Child), e densamente evocativo, degno finale di un’opera straordinaria.
Non è un caso che nel corso dell’articolo siano stati citati tutti i componenti della band fatta eccezione per Robert Fripp, frontman e perno dei King Crimson. Fripp, che impreziosisce le musiche del disco con la sua chitarra, sarà l’unico membro della band a non abbandonare mai il progetto nel corso della florida discografia che seguirà l’album d’esordio tanto che, è opinione comune, viene spesso etichettato come lo stesso Re Cremisi.
E nonostante la discografia seguente sia comunque d’alto pregio, i fasti del primo disco straordinario non saranno mai più raggiunti. Ciò che colpisce dell’album d’esordio della band londinese è il fatto che il proprio climax artistico, il punto più alto della propria parabola musicale, sia stato raggiunto con il primo lavoro e non, come succede solitamente, dopo anni d’esperienza nel settore di pari passo con una certa maturità artistica.
La magia impressionata su In the Court…, quindi, non sarà mai più replicata, e come testimonia il seguente In the Wake of Poseidon, la restante discografia godrà sì del riflesso del primo “incredibile album” (come lo definì Pete Townshend degli Who) ma senza riuscire a riproporre quelle atmosfere così eteree e vibranti, quello sperimentalismo coraggioso e perfettamente riuscito e quel vigore peculiare che è fondamento inossidabile del primo ineguagliabile disco.
Tracklist:
- 21st Century Schizoid Man
- I Talk To The Wind
- Epitaph
- Moonchild
- In The Court Of The Crimson King
non capisco un cazzo di musica….ma questo Disco è semplicemente meraviglioso!!!