RECENSIONE: Alter Bridge – Blackbird
Non più la copia del Creed o dei Pearl Jam, come nel loro primo album One Day Remains.
Quello che si sente nell’ormai vecchio secondo album degli statunitensi Alter Bridge, Blackbird, è la svolta del loro genere musicale.
Il sound questa volta è più pesante, duro, cupo.
Dopo aver, a proprie spese, rinunciato al loro contratto con la WindUp (che puntava ad una “Creed reunion”), gli Alter Bridge hanno iniziato ad autoprodurre quel che sarebbe stato il loro secondo album, scegliendo Elvis Baskett come produttore ed arrivando ad ottenere un contratto con la Universal Records per la pubblicazione.
I componenti del gruppo rimangono gli stessi:
Myles Kennedy (voce/chitarra), con caratteristiche da tenore che gli permettono di modulare la voce a proprio piacimento senza alcuno sforzo.
Mark Tremonti (chitarra solista), ormai libero da qualsiasi “obbligo commerciale”, che riesce a dimostrare la sua creatività e bravura con riff potenti (alcuni dicono siano ispirazioni metal), oltre a ben 7 assoli.
Scott Phillips (batteria), che dimostra come si può andare oltre al “ah, senti che bel giretto di batteria” aggiungendo, tra l’altro, il doppio pedale (per la gioia di voi metallari) dando quel tocco pesante che mancava.
E infine, Brian Marshall (basso) che urla “ci sono anch’io” (ho letto certi commenti riguardo One Day Remains nei quali si dubitava della presenza del basso nelle canzoni), riempiendo il tutto con la sua potenza ritmica.
Potete scegliere quel che volete: canzoni dure come White Knuckles e Buried Alive, romantiche e più dolci come Brand New Start o Watch Over You, oppure quel tipo di canzone che non vi aspettavate di trovare: Blackbird.
Blackbird è quella canzone che va oltre qualsiasi aspettativa, che ti fa rimanere a bocca aperta. Definita dagli stessi AB “epica”, la title-track inizia con un arpeggio che ricorda momenti tristi, passa ad un riff il cui sound ricorda quasi un pianto, fino ad arrivare al ritornello contornato da una scarica di forze ed emozioni che fanno venire la pelle d’oca. Il culmine della canzone inizia al minuto 5:32, spazio lasciato a Kennedy per dimostrare che se la cava bene anche con la chitarra, per continuare, al minuto 6:10, con un magistrale assolo. Il tutto finisce con lo stesso arpeggio iniziale, combinato ad un paio di note ben messe da parte di Kennedy e sempre dal sound triste.
Un altro aspetto importante degli Alter Bridge sono le loro performance live.
Quante volte vi è capitato di sentire una canzone in studio e poi, vedendo o partecipando ad un live, vi imbattevate in una sua versione decisamente meno riuscita della prima?
Questo non succederà approcciandosi agli Alter Bridge, i cui pezzi live superano spesso e volentieri la qualità di quelli in studio. E questa è sicuramente una nota di merito che fa dell’ensamble statunitense una band abile e tecnicamente impeccabile.
Voto: (8,5 / 10)
Link Utili: Sito Ufficiale
Tracklist:
1. Ties That Bind
2. Come To Life
3. Brand New Start
4. Buried Alive
5. Coming Home
6. Before Tomorrow Comes
7. Rise Today
8. Blackbird
9. One By One
10. Watch Over You
11. Break Me Down
12. White Knuckles
13. Wayward One
Formazione:
- Miles Kennedy: Voce, Chitarra Ritmica/Solista
- Mark Tremonti: Chitarra Solista, Voce Addizionale
- Brian Marshall: Basso
- Scott Phillips: Batteria