[INTERVISTA] Tommaso Talarico: una bella canzone d’autore italiana
Un titolo emblematico e ben misurato per questo primo lavoro ufficiale di Tommaso Talarico: “Viandanti (canzoni da un tempo perduto)”.
Perché è proprio questa l’atmosfera che troviamo in questi 11 inediti pubblicati dalla RadiciMusic Records che sfogliano con leggerezza gusto e poetica stilemi classici della grande canzone d’autore italiana, da De Gregori a Fossati passando per sentori popolari classici come nella splendida “Eolie” o qualche noir all’americana maniera come in “Sud”. Un disco acqua e sapone in tutto e per tutto.
Ecco la ricetta di Tommaso Talarico.
In rete il video di lancio del singolo “Il tempo delle favole”
Tommaso Talarico ad un esordio, possiamo dire così? Anche se in fondo sono canzoni che arrivano dopo anni di personali scritture…
Certo che si può definire un esordio.
E’ vero che molte di queste canzoni sono state scritte tempo fa, ma soltanto adesso ho trovato la voglia di proporle nella veste in cui erano state pensate, e non solo con chitarra e armonica.
Cosa ti spinge a pubblicare un disco? In generale cosa significa arrivare alle persone? Bisogno di completezza o necessità di immagine?
Posso dirti che di sicuro non c’è la necessità di avere un’ immagine, niente di tutto questo. Piuttosto un bisogno di comunicare, di raccontare e raccontarsi, di dire qualcosa.
Credo che queste canzoni lo facciano ancora.
Poi c’è la volontà di rimettersi in gioco.
La canzone è l’arte più trasversale di tutte, mette insieme la poesia, la musica, la letteratura, l’interpretazione individuale, che può cambiare, dal vivo, di volta in volta.
E’ una magia, che si rinnova sempre e crea un immaginario collettivo, con cui le persone possono entrare immediatamente in sintonia.
Non c’è un’altra arte che abbia questa possibilità.
Domanda delle domande: ma se non lo ha detto il giornale, se nessuno lo sapesse, Tommaso Talarico sarebbe comunque un cantautore?
Lo sarebbe comunque.
Ma io non sono uno di quelli che dicono ” io le canzoni le scrivo per me”.
In realtà si compone sempre per un pubblico, per arrivare a qualcuno.
Anche quando si è nella solitudine della propria camera.
Almeno per me è così.
Le canzoni a volte mi servono anche per chiarire a me stesso ciò che sento e ciò che penso davvero.
Mi semplificano.
Se arrivano a me, una volta finite, mi viene spontaneo pensare che possano arrivare agli altri.
Mi colpisce nel titolo la parola “distante”. Non è semplicemente un tempo passato… come mai?
Distante mi fa pensare a un tempo andato ma ancora vivo.
Mi è capitato di fare il il paragone con la luce delle stelle, partita milioni di anni fa, che noi possiamo ammirare adesso.
Alcune canzoni che fanno parte del lavoro probabilmente non le riscriverei allo stesso modo. Per esempio “Il tempo delle favole”, in cui alcune strofe sanno un pò di qualunquismo, semplificano la realtà, come spesso le canzoni inevitabilmente fanno.
Tutto sommato però parlano ancora di me, di come sono cambiato, della mia visione del mondo.
Sono vive, quando le canto le sento ancora molto mie.
Tanti personaggi e tanti luoghi nelle tue canzoni. Sono un mezzo per raccontarti o una testimonianza concreta della tua vita?
Credo che in ogni personaggio, in ogni storia che non ci riguarda direttamente, ci sia comunque una parte di noi.
Di fondo mi è sempre piaciuto di più raccontare le vicende altrui che le mie.
Magari è un trucco, un modo per aggirare il pudore di raccontare direttamente se stessi, cosa che comunque faccio in molti pezzi.
Siamo vasti, conteniamo moltitudini !
“Alice” alla fine nella favola ci resta… come mai?
Io la interpreto in modo diverso.
Nella mia canzone Alice non resta prigioniera della favola, ma di un mondo reale, duro, che ha fatto a pezzi qualunque possibilità di lieto fine.
Lei vorrebbe tornare nel mondo rassicurante che si trova al di là dello specchio, ma non ci riesce.
Non è una visione pessimistica, ma sarà pure ora che Alice cresca e cominci a lottare per la sua sopravvivenza.
Come tutti.
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