[INTERVISTA] FURIA: il pop in divisa che canta storie
In ogni dove si cita di questa coincidenza fortuita. Lei è FURIA e non poteva che fare un esordio magistralmente prodotto dalla produzione artistica di Luigi Albertelli, quello di “Furia, il cavallo del West”. Ma archiviamo questa che sembra essere divenuto più un solito gossip che altro. Si intitola “Cantastorie” questo primo disco ufficiale di Furia in cui troveremo 12 inediti e una ultima cover: “Non arrossire” di Gaber che però trova questa forma un po’ dance un po’ pop digitale anni ’90. Anzi io farei qualche bel salto indietro perché quando sento brani come “Ce la invidiano tutti” ho quasi in mente lo scenario alla “YMCA” dei Village People. Oppure in “Robot” mi verrebbe da riprendere il pop di Camerini e penso che la lista di ispirazioni e riferimenti sia lunga. Andiamo oltre? L’intervista a Furia:
Ironica la coincidenza dell’incontro tra te e Luigi Albertelli: lui che ha scritto “Furia il cavallo del West”. In qualche modo significa qualcosa?
Tutto!
Senza questo fortuito incontro io non avrei mai cambiato la mia vita.
Il destino voleva a tutti i costi che diventassi una cantastorie.
Quanto ha contaminato la tua musica il suo intervento? Saresti comunque arrivata a questo disco oppure la storia sarebbe stata tutt’altro?
Il suo intervento è stato fondamentale.
Non c’è stata una contaminazione, ma un maestro che mi ha insegnato e ancora lo sta facendo, a scrivere le mie canzoni.
Ha infatti, tirato fuori da me ciò che prima non immaginavo di poter fare.
Non sarei sicuramente arrivata a creare questo mio album da sola.
Quante radici ha questo disco? Quello scenario pop anni ’90 sono ben presenti o sbaglio? Ho l’impressione che tu non sia figlia di questo tempo…
Le radici sono tante, fortunatamente.
Credo che per scrivere musica sia necessario avere una seria conoscenza del nostro passato e presente.
Io ce l’ho e ho fatto tesoro di queste mie esperienze.
Io mi sento e sono figlia del tempo che sto vivendo.
Cosa che manca ai giovani autori di oggi, che si limitano a scopiazzare le sonorità e i successi stranieri.
Un disco di cronaca e di società. Un disco che serve ad un messaggio o è un lavoro che semplicemente racconta?
Semplicemente un racconto di un messaggio.
Il mio.
Ieri sentivo un’intervista a Norah Jones e venne fuori una domanda assai curiosa ma molto particolare: hai mai fatto caso che ci sono pochissime figure femminili nella canzone d’autore? Come mai secondo te?
Sicuramente troppo poche.
Perché, secondo me, fino ad oggi siamo state noi donne poco coraggiose o vergognose di esprimere pubblicamente il nostro pensiero con le nostre canzoni.
O forse anche perché i signori uomini hanno paura di noi ancora oggi?
duraniano
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