[INTERVISTA] Silvia Conti: l’insostenibile leggerezza della verità
Un disco ricco di verità.
Dai suoni ai messaggi passando per quella speranza assolutamente onirica di un futuro migliore. Silvia Conti torna in scena con un disco meravigliosamente maturo, artistico e denso, di messaggi e di musica suonata.
Una produzione firmata da Gianfilippo Boni e Roberto Mangione con la pubblicazione di RadiciMusic e questo significa anche un’estetica curata nei minimi dettagli.
Si intitola “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)” il nuovo lavoro di inediti in studio della cantautrice toscana.
E nella track list un omaggio con una personale trasposizione italiana di “Dancing Barefoot” di Patty Smith e un omaggio goliardico di voci e poco altro ai Beatles.
E dire che il lancio affidato al singolo “Tom Tom” di cui troviamo in rete un bel video non è neanche il vertice di questo disco che tra il pop che trascina e conquista di “Il canto della scimmia”, o nella fantasia fiabesca di mondi non pervenuti in “Visioni” piuttosto che nel blues di maniera come in “Vai” questo disco ha tanto ma davvero tanto da darci… e da lasciarci.
Non siamo qui a svelarlo.
Siamo qui a consigliarvelo.
La bella musica italiana che i grandi media ignorano ogni giorno.
Iniziamo dalla fine: bellissima versione di “All Together Now”. Momento davvero live?
È nata un pomeriggio dopo un pranzo con degli amici, non è un live vero e proprio ma è stata registrata in casa e divertendoci moltissimo.
Un modesto omaggio ai Beatles che io considero i padri della musica contemporanea.
E giusto per restare in tema di cover: come mai Patty Smith?
Patti Smith mi piace moltissimo e ho scelto “Dancing barefoot”, della quale ho fatto una traduzione analogica, perché era perfettamente in linea con il titolo dell’album (che peraltro non deriva dalla canzone della Smith).
È stato anche un modo per dare sfogo alla mia vena rock.
Tra tutti i brani di questo disco direi che “Borgognissanti” è davvero un fuori pista americano assai interessante. Come ti è uscito un simile arrangiamento e una simile direzione artistica?
Ci tengo a sottolineare che l’arrangiamento particolare di questo brano è opera esclusiva di Roberto Mangione che, insieme a me, ha curato gli arrangiamenti di tutto il lavoro; il provino era venuto talmente bene che abbiamo deciso di mantenere le tracce della pre-produzione nella stesura definitiva.
Gli strumenti aderiscono al testo, gli ruotano intorno senza invaderlo, alla maniera anglosassone; inoltre mescola un inizio da ballata rock con accenti tex-mex che poi sfocia in una coda quasi dance.
È un gioco: in parecchie lingue suonare si dice giocare.
Parlando di colori, visto che questo lavoro ne ha davvero tanti: lo sai però che ascoltandone il suono la sensazione che mi porto dentro è comunque quella di nostalgia, di tramonto e quindi di tonalità scure a mantecare il tutto?
È curioso che tu abbia notato questa cosa perché è il risultato della collaborazione tra me e mio marito Roberto: a lui la parte scura, a me la parte colorata.
Citando il brano “Vai”: quanto il blues ha segnato la tua musica e la tua scrittura? O è solo una citazione di stile?
Io credo che il blues sia il punto di partenza per qualunque tipo di musica si voglia fare oggi e personalmente mi ha segnato moltissimo, nel disco c’è anche un omaggio a Bob Dylan che con il blues ha sempre avuto parecchio a che fare.
Ed in ultimo anche in questo lavoro c’è una scimmia nuda che balla. Niente Gabbani, credo, spero. Invece?
Premetto che Gabbani mi sta molto simpatico e mi piace la sua canzone ma il mio pezzo è nato parecchio prima del suo successo sanremese anche se, purtroppo per me, lui è arrivato prima!
L’ispirazione può dirsi la solita (se non mi sbaglio siamo entrambi toscani e quindi con un certo gusto per l’ironia) ma il risultato è completamente diverso. Inoltre la scimmia di Gabbani balla, la mia canta!
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