RECENSIONE: Fucina 28 – La pace dei sensi / Il nulla
Progetto attivo dall’ottobre 2011, quello dei Fucina 28 è un esperimento indie rock/cantautorale approdato al secondo episodio. Il primo, datato 2012, ha portato il trio pisano ad un lungo tour promozionale, conclusosi col sopraggiungere delle registrazioni di “La pace dei sensi – il nulla“, realizzato anche grazie ad una raccolta fondi promulgata attraverso Musicraiser.
Storie di vita vissuta a parte, l’ultima fatica dei Fucina 28 è ambiziosa per definizione. Il disco, realizzato in presa diretta, trova le sue principali finalità nel proporsi vero, sporco e totalmente privo del sistema di filtraggio che può apportare una produzione statica. Scelta coraggiosa e decisamente controcorrente in questo mare fatto di editing obbligatorio ed onnipresente. Fissati i buoni propositi poi l’intera faccenda va portata a casa con una prestazione di spessore di ogni giocatore in campo. Purtroppo “La pace dei sensi – il nulla” è un disco stracolmo di cose che non funzionano o che non vanno come dovrebbero andare. Ma procediamo con ordine.
- La produzione: fare un disco in presa diretta non è cosa per tutti. La band deve suonare come fosse l’ultima volta nella vita e la produzione dovrebbe passare al setaccio ogni pezzo per vagliarne l’attitudine ad essere proposto nudo e crudo agli ascoltatori. Se un discorso di questo tipo può anche avere senso su brani dalla natura rabbiosa come “Terrore” e “Amore blu” (non a caso gli episodi migliori dell’album), appare assolutamente inadatto a situazioni caratterizzate da un timing contenuto; brani come “Verde Mare” e “Te stesso” perdono ogni dinamica residua e si trasformano in ballad monotone, vere e proprie esche per il tasto “skip”. La prima stanca terribilmente anche a causa dell’ending chitarristico infinito; la seconda, sicuramente scritta meglio, viene penalizzata nei tentativi d’esplosione dalla qualità generale dei suoni dell’apparato strumentale. La sezione ritmica, oltre a peccare terribilmente in fase di arrangiamento, è praticamente assente. Il drumming è ripreso molto male ed il groove di basso è povero. L’apparato sonoro chitarristico si fregia di buoni puliti. I distorti però sono spesso fuori contesto, poco armoniosi e, nel loro essere estremamente voluminosi, sostanzialmente scarni. Eppure i nomi in gioco sono di una certa rilevanza. La produzione, curata da Andrea Salvadori (Stazioni lunari, fra le alte cose), risulta poco funzionale ed estremamente azzardata per un secondo disco. Un operato che sarebbe lecito aspettarsi da una band al primo EP.
- La cifra stilistica: se a Pietro Giamattei riesce bene di cantare “alla Appino” (trovando però anche una propria originalità, cosa che va riconosciuta), non riesce altrettanto bene di “cantare” nel senso più classico del termine. Ad ogni affondo strettamente melodico la tonalità rischia di saltare; anzi a volte salta e basta come nel ritornello di “Verde mare“. Sotto questo punto di vista è poco comprensibile la scelta di inserire un brano costruito soltanto su piano e voce come “L’incostanza Vol.II“. Le overdub vocali provano troppo spesso a nascondere e rinforzano veramente poco. Le tematiche trattate sono interessanti, anche se ridondanti. In ogni caso lo stile dei Fucina 28, con i dovuti accorgimenti, può funzionare. Restano infatti molti punti interrogativi a livello di liriche. Giocare continuamente sul “ti faccio credere che faccio la rima e poi non la faccio” è uno stratagemma intelligente contro la banalità. Ma utilizzarlo sempre e comunque rende prevedibili e spazza via ogni possibile svolta inaspettata. Tutto sommato però i testi riescono a suscitare una certa curiosità. La vera nota dolente sotto il punto di vista stilistico risiede negli arrangiamenti (come già accennato in precedenza). Le chitarre distorte sembrano esistere soltanto in un mondo completamente sconnesso dal resto. La sezione ritmica è anonima. In una formazione di questo tipo non si può assolutamente prescindere da un apparato ritmico solido ed incisivo.
I Fucina 28 hanno sicuramente un buon potenziale. Nonostante i tantissimi errori si può chiaramente intravedere un songwriting interessante, anche se derivativo. Peccato manchi il resto: manca la cura per gli arrangiamenti, manca una produzione valida e manca una certa autocoscienza dei propri mezzi. Pecche assolutamente tollerabili per una band al DEMO d’esordio, ma non per un progetto quadriennale arrivato al secondo album. Una prova inevitabilmente insufficiente. Con la speranza che la stravaganza mostrata in fase di scrittura possa trovare compimento in una realizzazione completa e professionale.
Link utili: Official Facebook Page
Voto: (5 / 10)
Tracklist:
- Riflessione dei trent’anni
- Nel paese di pinocchio
- La pace dei sensi
- Amore blu
- Verde mare
- Te stesso
- Terrore
- L’incostanza Vol. II
Formazione:
Pietro Giamattei : voce, chitarra elettrica, testi
Ornella Varvaro: basso elettrico
Riccardo DiPaola: batteria