LIBRO DEL GIORNO: Con gli occhi chiusi – Federico Tozzi
Credete davvero che gli occhi si possano chiudere soltanto per dormire? E se qualcuno conducesse la propria esistenza ad occhi chiusi? Un velo di oscurità che ci protegge e ci culla dolcemente.
E’ questo che vuole farci intendere Federico Tozzi, scrittore senese nato alla fine dell’800, con il suo romanzo “Con gli occhi chiusi” pubblicato nel 1919. Anche lui si muove nell’oscurità, pochi lo ricordano, a malapena il suo nome viene pronunciato ma nei primi decenni del ‘900 questo personaggio è stato uno dei maggiori innovatori della narrativa italiana. Il suo romanzo ha una storia semplice: si parla del giovane Pietro che è nato e cresciuto nel podere di suo padre a Siena. Il padre, Domenico, è un uomo forte, autoritario e insofferente nei confronti di suo figlio. Pietro non dà alcuna soddisfazione al padre, è debole, disobbediente, una vera e propria delusione. Qualcosa però cambia con l’arrivo della piccola Ghisola, un bambinetta al servizio del podere di Domenico, che crescendo ingannerà e farà soffrire il giovane e innamorato Pietro.
Nei primi decenni del ‘900 grazie alle nuove scoperte scientifiche e con l’avvento dell’industrializzazione, il panorama europeo viene completamente stravolto: gli intellettuali e gli artisti, che precedentemente ricoprivano ed occupavano una posizione privilegiata nella società, vengono immediatamente scalzati dal progresso e ridotti ad individui insignificanti costretti a ricoprire ruoli secondari , come insegnanti e giornalisti, per sopravvivere in questa nuova realtà. Queste profonde trasformazioni sociali hanno compromesso persino la letteratura, che abbandona per sempre le vecchie e scricchiolanti strutture narrative, per gettarsi nella sperimentazione. E’ per questo che bisogna partire dal titolo del romanzo in questione per comprendere a pieno la letteratura tozziana: “Con occhi chiusi”, è questa la condizione che il giovane Pietro è costretto a vivere; il mondo esterno è percepito come estraneo, nemico, che aggredisce e disorienta, l’unica maniera per sopravvivere è restare ad occhi chiusi, rimanere staccati dalla vita, isolati e soli. Lasciarsi cullare dolcemente tra le braccia di una madre che ci sussurra che il mondo è cattivo.
Il mondo è cattivo perché abitato da mostri, mostri che hanno il nome di Domenico; padri che umiliano i figli invece di prenderli per mano. Pietro è immobile e statico, un individuo che non ha ricevuto nessun insegnamento dal genitore, è un figlio che vorrebbe assomigliargli ma è troppo debole a causa delle tante prepotenze subite. Non è più uomo, forse non lo è mai stato; regredisce in forma d’animale aggredendo chi è più debole di lui per vendicarsi e riappropriarsi della propria identità. E’ solo, lo è sempre stato e l’idea di un contatto umano lo spaventa e disorienta.
L’uomo è sempre stato fragile e Tozzi, grazie alla sua letteratura, ci dona uno strumento che ci rivela quanto la vita umana possa essere meschina.