RECENSIONE: Too Late To Wake – Slaves Without Chains
Oggi, dopo un breve periodo in cui ci siamo dedicati al mainstream torniamo a parlare di musica emergente (quella che infondo ci piace di più) e lo facciamo con una bella botta di post grunge made in Abruzzo (tanto per ribadire che non abbiamo solo gli arrosticini). La band che vi presentiamo viene da Pescara e si forma nel 2010. Dopo diversi cambi di formazione arriva, nel 2012, a “Slaves Without Chains” , seconda uscita discografica, che raccoglie l’attenzione di molti, tra cui, ovviamente, la mia.
Questi ragazzi li ho conosciuti condividendoci il palco e credo che non esista modo migliore per capire il senso, il messaggio e l’importanza che può avere (o non avere) un percorso musicale. A colpirmi praticamente da subito è l’impatto live. Gli humbucker ruggiscono, Patrizio De Luca alla voce è assolutamente determinante, sia sotto il punto di vista tecnico che scenico. Poi arriva l’ascolto di questo EP (che assomiglia più ad un full considerando il numero di brani) che mi regala del tempo ben speso.
Slaves Without Chains è un concentrato di post grunge che strizza l’occhio anche ad alcuni movimenti antecedenti , molto ben fatto, ben costruito e proposto. La prima ed ovvia critica che si può muovere nei confronti di questi ragazzi riguarda ovviamente i limiti strettamente connessi al genere: pur essendo molto ben fatto resta comunque sentito e risentito. E’ una cosa che mi fa sorridere perchè mi chiedo sempre , nel nostro paese, da chi sia stato già fatto (sempre parlando di prodotti di un certo livello ovviamente, che possano competere con le produzioni europee e non) . Se escludiamo gruppi morti e stramorti da tempo (vedi i Movida, pur cantando in Italiano) è un genere che trova le sue radici e le sue espressioni sempre e comunque in terre straniere. E’ proprio questo discorso che ha portato il nostro paese ad avere una miriade di gruppi clone che propongono uno pseudo indie rock costantemente cantato in italiano, che spingono non solo la nostra bella penisola verso la chiusura mentale e l’impossibilità di esportare a causa dei limiti linguistici ( I Too Late mostrano una gran padronanza della lingua inglese) , ma anche ad avere una scena musicale underground costantemente mono-genere che si tiene in piedi grazie alla presunzione, proprio di queste band, che affermano con fierezza di non fare rock (come se fosse diventato un crimine nel nostro paese).
I Too late to wake con 8 tracce mandano letteralmente a fanculo questa concezione di fare musica che ci sta portando alla rovina e nel loro essere standard all’interno del post grunge diventano immediatamente irriverenti nel marasma di una scena musicale che mi ha veramente rotto le palle (scusate l’eufemismo) , spacciata per originale, ma che di originale ormai non ha più nulla. E allora per fortuna scopro, grazie a questi 5 ragazzi, che questo genere abbiamo cominciato a farlo bene anche qui, che perchè no potremmo cominciare a giocarcela alla pari ( alzando il livello delle produzioni e con un pò di appoggio della stampa) con chi questa musica l’ha fondata, la porta avanti e la suona ancora riempiendo i palasport , senza starci a dire le solite ovvietà.
Parlando strettamente dell’ep sicuramente ci sono degli alti e bassi. E’ molto importante in questo tipo di musica riuscire sempre a trovare il giusto groove all’interno di ogni pezzo, perchè è proprio il groove che ti permette di avere quel “tiro” tipico dei capisaldi di genere. Diciamo che questo disco fa molto ben sperare. Per lunghi tratti l’iter compositivo usato dai nostri gli permette di avere il tiro giusto, ma in alcuni punti questa corsa va un pò più a rilento rischiando di perdersi (anche se riesce comunque a non smarrirsi mai). Buona la prima mi verrebbe da dire (anche se di fatto si tratta della seconda uscita del gruppo pescarese ma la prima con Patrizio De Luca alla voce), proprio perchè si intravedono tanti spunti interessanti e molte più luci che ombre. Un disco consigliatissimo di una band che mi lascia quel retrogusto di musica anglofona ben fatta in un paese in cui l’inglese resta ancora un tabù. Buon ascolto interstellari!
Voto: (3,5 / 5)
Formazione:
Patrizio “Pat” De Luca – Voce
Simone “Roll” Del Libeccio – Chitarra
Gianni “Draft” Vespasiani – Chitarra e voce
Francesco “Zack” Cetrullo – Basso
Riccardo “Rick” Ruiu – Batteria
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