RECENSIONE: Of Montreal – Hissing Fauna, Are You The Destroyer?
Un mio accorgersi degli Of Montreal (a quelli di questo album almeno) è stato davvero un fatto fortuito e non voluto. Selezionati come sottofondo per le faccende domestiche di un giorno qualunque, hanno sortito il loro voluto “effetto rewind” costringendomi ad un incessante ascolto di quella che è, secondo me, la massima espressione dell’arte dell’eclettico frontman Kevin Barnes e del suo calcolato piano di conquista degli ascolti.
In questa opera magna che risponde al nome di “Hissing Fauna, Are You The Destroyer?” sembra proprio di perdersi nella “fauna” di cui si parla nel titolo, fatta di intricati arzigogoli sonori e intrecci di generi magistralmente sintetizzati in quello che è il fulcro delle 12 tracce dell’album,vale a dire il ritornello. Il ritornello maestro, il ritornello ridondante, il ritornello che ti si conficca, che magnificamente esplode nella sua allegra ed esilarante semplicità di poppettino asettico con sprazzi di elettronica comparata alla voce effemminata di Barnes che si rivela davvero un mattatore, un trascinatore di folle che fa della lezione dei peggiori tormentoni pop di più bassa lega un’arte da coltivare con cura a pazienza,arrivando infine a lavori come questo.
L’album va senza dubbio interpretato come una traccia unica,perché ogni singolo pezzo è strettamente legato all’altro a conferma dell’intricato groviglio di suoni nel quale ci stiamo per avventurare. Posiamo i primi passi in una calorosa e allegra brigata di note e vocalizzi (e occhio,come ho detto,alla genialata dei vari ritornelli,vero marchio di fabbrica degli Of Montreal) almeno per le prime sei tracce. Si ha una buona introduzione al mondo Of Montreal con il pezzo d’apertura, ci si perde in lisergiche confutazioni con “Cato As A Pun”, si saltella sul funky beat e sui vocalizzi straordinari del cantante in “Gronlandic Edit”, c’è un tocco di anni ’70 nella ridondante traccia successiva che si abbevera dai peggiori gruppetti da jukebox. Il punto di rottura è rappresentato da “The Past Is A Grotesque Animal”, lungo dialogo (in)cantato accompagnato da una solida base alchemica di chitarre e formalismi elettronici che continuano nel pezzo migliore di tutto l’album, “Bunny Ain’t No Kind Of Running”. Dico migliore perché è qui che davvero si nota la genialità intrinseca e difficile a vedersi del gruppo di Athens, un’abilità nel far sbocciare un canto Beatlesiano da strafalcioni elettronici iniziali che culmina nel glam del ritornello che ritorna a farla da padrone ancora una volta e sempre più prepotentemente. Ed è ormai impossibile ignorare la sua funzione di cardine indispensabile che regge un’ architettura comunque flebile ed ancora immatura. Strascichi di lounge irti di acuti e deframmentazioni musicali ci accompagnano fedeli verso la fine, con un tuffo nel glam-funk effemminato di “Labyrinthian Pump” e le due canzoncine conclusive senza neanche troppa spina dorsale degna di nota. Ciò che lascia quest’album è qualcosa di vivo,che si discosta dallo statico indie snobbone a cui siamo abituati ultimamente:c’è voglia di fare, di sperimentare, di accattivare le orecchie dell’ascoltatore ed è giusto (a parer mio) concedergli un piccolo ascolto, magari la prossima volta che stenderete i panni o spazzerete i pavimenti delle vostre magioni.
Voto: (7 / 10)
Link Utili: Sito Ufficiale
Tracklist:
- Suffer For Fashion
- Sink The Seine
- Cato As A Pun
- Heimdalsgate Like A Promethean Curse
- Gronlandic Edit
- A Sentence Of Sorts In Kongsvinger
- The Past Is A Grotesque Animal
- Bunny Ain’t No Kind Of Rider
- Faberge Falls For Shuggie
- Labyrinthian Pomp
- She’s A Rejector
- We Were Born The Mutants Again With Leafling